Anche l'Europa dell'Est comincia a generare formazioni che rientrano in filoni alternativi come lo stoner o il post-rock. Un esempio sono i presenti
MIEA, di Praga (Repubblica Ceca). Attivi da pochi anni, hanno esordito con l'album "To walk around" (2019) e adesso replicano con questo "
Chaos and perfections" pubblicato da
Slovak Metal Army.
Il loro stile è prevalentemente post-rock moderno ed aspro, sul genere di Intronaut, Abrahma, Inter Arma, ecc., con una spolverata di stoner-groove quando occorre. Ci sono strutture strumentali nervose ed incalzanti, così come melodie agrodolci con un tocco di cupa malinconia. Tutto quello che ci si aspetta da un'impostazione di tale genere.
Il risultato complessivo non è male, perchè il quartetto ceco dimostra di possedere idee, una certa freschezza d'intenti e buona capacità di songwriting.
"
Mammatus" è il brano più classicamente stoner, che riprende i temi del lavoro precedente: solido, tirato, ritmato e con un piacevole retrogusto grunge. Buona partenza. Poi il disco volge decisamente verso il post-rock, prima con la sofferta ed avvolgente "
Under the healing stone", pezzo dai contorni psycho-prog molto interessanti e dotata di buona atmosfera drammatica, poi con la grintosa ed orecchiabile "
Epiphany of dying sun" che non rinuncia comunque ad un taglio metallico molto immediato.
La seguente "
Your priest can't heal me" è la canzone più potente ed articolata in scaletta, dalle tonalità molto horror-doom ed innervata sia da passaggi molto heavy che da sospensioni riflessive. Una traccia che evidenzia le potenzialità della band, da sviluppare ulteriormente in futuro.
"
Once again" è un classico post-rock giocato sull'equilibrio tra luce ed ombra, tra spigolosità ed accessibilità melodica, episodio efficace anche se non memorabile. Così come "
Heavy in my bones", che ricalca l'impostazione precedente tra spinta heavy e melodia grintosa e catchy. Il vocalist
Miki Hank se la cava comunque bene, reggendo in maniera più che sufficiente sia le parti aggressive ed esplosive che i momenti più intensi e morbidi.
Non mi convince invece l'ultimo brano, "
Comfort of nothing", dieci minuti minimalisti organizzati intorno ad un riff reiterato come un mantra ed un'atmosfera lunare e soffusa. Una sorta di "Planet caravan" dilatata alle estreme conseguenze. Grande atmosfera narcotica e scenografica, ma troppo ridondante. Tentativo ambizioso, forse troppo, che finisce per risultare un pò tedioso.
Lavoro discreto, con più alti che bassi. Se i
MIEA proseguiranno su questa strada, possono togliersi qualche soddisfazione. Consigliato a chi vuole esplorare territori nuovi in ambito rock.
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