C’era un tempo in cui gli svizzeri
Samael contendevano la palma di formazione black metal più maligna ai gruppi scandinavi.
Si avete capito bene; per chi non lo sapesse, soprattutto chi all’epoca non era ancora nato, il gruppo formato dai fratelli
Vorphalack e
Xytraguptor, ora conosciuti come
Xy e
Vorph erano tra le più combattive formazioni di metal estremo in circolazione sul suolo europeo, pronti a cogliere il testimone dei loro conterranei
Celtic Frost.
Bene ha fatto la
Osmose Productions a rimettere sul mercato i primi due infernali vagiti prodotti dai nostri, soprattutto in questa piccola recensione tratterò il debutto uscito nel 1991 e primissima uscita per la label francese.
Io mi ricordo che ascoltai questo esordio su un’audiocassetta sulla macchina di un mio amico della mia adolescenza; lui era un vero maestro per me, grazie a lui scoprii gruppi come
Darkthrone, Dark Funeral, Unanimated, Immortal, Dissection ed appunto i
Samael.
Il disco è potentissimo già dalla titletrack con una batteria tellurica, chitarre dai riff serrati e freddi e cadenze doom sulfuree con le vocals furiose di
Vorphalack.
“
Morbid metal”, mid tempo con la doppia cassa sempre avanti per poi deviare in un up tempo sincopato e chitarre maligne; brano che diventa poi una cavalcata lenta, sulfurea con accelerazioni.
“
Rite of cthulhu”, sembra evocare la creatura del pantheon creato da
Lovecraft; una strumentale breve, lenta e mortifera ma non priva di mordente e con riff serrati.
“
Into the pentagram”, è puro black metal inquietante, con un incipit da pelle d’oca; apertura con riff maligni, urla disumane e percussioni possenti.
Brano dall’atmosfera arcana, sinistra e con il duo che sembra posseduto da entità maligne; un brano lento, pesante e le vocals cavernose e acide sono create "ad hoc"per creare inquietudine.
Le conclusive “
Last benediction” e “
The dark” sono strumentali, dove la prima è tutta sorretta dalle tastiere ed orchestrazioni dal taglio sinfonico e classico; la seconda è una potente accelerazione con spirito thrashy dalle chitarre serrate; i cambi di tempo vanno da up tempo tellurici a rallentamenti soffocanti, ma sempre con melodie maligne che si stemperano sulle note di un carillon.
Un disco che dura poco più di quaranta minuti scarsi ma rende bene che la band elvetica aveva le idee chiare sul proprio stile al tempo, un album che non deve mancare in nessuna collezione estrema che si rispetti.
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