In un’epoca di diffuso
revivalismo, ci si può ancora consegnare alla “storia” del
rock senza per questo finire per profondere insistenti sentori di rancidezza sonora?
Personalmente credo proprio di sì, ed è bastato il contatto con un singolo dei
Kryptograf, titolo “
The veil”, per attirare l’attenzione di questo
musicofilo già “impressionato” molto favorevolmente da quanto proposto in passato da Witchcraft, Graveyard, Uncle Acid & the Deadbeats e Dead Meadow, tutta “gente” capace di non sprecare un’eredità tanto nobile quanto impegnativa.
Ebbene, i nostri norvegesi (terra che ha dato i natali a Motorpsycho e Sahg, altri due nomi importanti in termini di approccio non manieristico alla “tradizione” …) si abbeverano anch’essi alla fonte “miracolosa” rappresentata dal
songbook di Black Sabbath, Pentagram, Bloodrock e Bang, riuscendo, in maniera analoga ai loro illustri colleghi citati qualche riga più su, ad apparire credibili e assai coinvolgenti, disponendosi lungo una linea oscura e sulfurea che unisce felicemente epoche differenti e medesimi intenti espressivi.
Nulla di formalmente “nuovo”, dunque, che però colpisce nel profondo grazie a cultura e capacità compositive e interpretative piuttosto sorprendenti, anche in una “scena” affollata e livellata verso l’alto come quella contemporanea.
Dopo aver “svelato” le proprie doti nella summenzionata pulsante e fascinosa anteprima dell’albo, i
Kryptograf dimostrano di saper addirittura fare di meglio, affidandosi a una “
Omen” in grado di sprigionare emozioni conturbanti e a una “
Seven” che in nove minuti abbondanti di durata condensa cromatismi acidi, spire orientaleggianti e distorsioni cosmiche, in un brano dall’elevatissimo potere evocativo.
Il viaggio continua con gli effetti spaziali e il
riff possente di “
Crimson horizon”, mentre con “
Sleeper” le traiettorie di “
Kryptograf” acuiscono le loro derive
sixties attraverso seducenti stratificazioni vocali e una melodia fremente e suadente.
Una breve e lattiginosa pausa acustica, denominata “
Ocean”, prepara adeguatamente l’astante al resto dell’ascolto, inaugurato dal monolite
Sabbath-iano “
New colossus” e concluso dalla fugace carica lisergica di “
Infinite”, l’ultimo sussulto di un disco intrigante e appassionante, da consigliare senza remore agli estimatori del genere.
I
Kryptograf non sono né i primi, né i soli a maneggiare i suoni del caliginoso
psych-hard-rock, ma di certo non sono nemmeno gli ultimi in un’ipotetica graduatoria riservata alla massa sgomitante degli emergenti del settore … non commettete l’errore di liquidarli in maniera superficiale e sosteneteli nel loro auspicabile e pronosticabile percorso di crescita … se lo meritano.
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