Ah, che brutta cosa sono i pregiudizi, e quanto è frustrante scoprire di essere caduti nelle loro insidiose spire, nonostante l’odio atavico provato nei confronti di ogni forma di prevenzione.
Ebbene sì, leggere che gli
Smackbound erano un nuovo gruppo formato da musicisti legati a Stratovarius, Wintersun e Tracedown, capitanati da una donzella alla gestione microfonica, mi aveva indotto a sottovalutare la portata di “
20/20”, schedandolo in maniera superficiale tra i prodotti stilisticamente votati a sonorità
power /
symphonic /
melodic-death, tutta “roba” francamente abbastanza avulsa dai miei gusti musicali attuali.
Colpevolmente abbandonato, per le suddette ragioni, a ristagnare nella pila dei dischi da analizzare, il debutto di
Netta Laurenne (nel suo
curriculum, oltre a esperienze come attrice, anche collaborazioni con Amorphis, Lordi, Black Sun, Elvenking, …) e dei suoi
pards si rivela in realtà una gradevolissima escursione tra le variegate pieghe dell’
hard n’ heavy, assolta con cognizione di causa e approccio “moderno” (nella migliore accezione del termine … lo sottolineo perché non sempre, tra i
rockofili della mia generazione, tale catalogazione assume una valenza positiva …) e fresco, tale da mettere d’accordo i
fans di Stratovarius, Doro, Nightwish e Halestorm.
A sorprendere, assieme ad una produzione impeccabile e a un
songwriting sempre piuttosto “a fuoco”, è la voce della nostra
Netta, davvero abile nell'offrire interpretazioni emozionanti, forte di una concretezza e di una duttilità che le consentono di graffiare e lusingare senza perdere una stilla di efficacia espressiva.
Grazie all’apertura poderosa e pulsante come “
Wall of silence” il programma predispone favorevolmente alla prosecuzione di un ascolto che con “
Drive it like you stole it” striscia e scuote, in “
Close to sober” diventa suadente ed enfatico e con “
Run” riprende a pulsare di pura energia, sapientemente “trattata” per un’eventuale diffusione
mainstream.
Il
refrain e le evocative atmosfere "cinematografiche" di “
The game” ammaliano fin dal primo contatto, “
Those who burn” e “
Troublemaker” illuminano di fierezza metallica il proscenio, mentre a “
Hey motherfuckers” è affidato il compito di fornire un irrefrenabile pungolo anche agli astanti più apatici, fatalmente irretiti, ne sono convinto, anche dalla melodia sussultante e avvolgente di “
Date with the devil” e dal
pathos tangibile di “
Wind and water”, che sigilla con un’altra convincente prova vocale un albo veramente godibile e “refrigerante”.
Insomma, tante scuse agli
Smackbound per la scarsa fiducia dimostrata da chi invece si trova oggi a consigliare caldamente “
20/20” a tutti i lettori di
Metal.it, finendo per inserire, subito dopo, il nome dei finlandesi tra le “promesse” della scena contemporanea.