Va là che bella sorpresa, caspita se godo in questi casi!
Saltati fuori letteralmente dal nulla, quando mi sono imbattuto (per caso) in questi
Divine Weep avevano 0 (zero) visualizzazioni su Youtube nelle tracce del nuovo album,
The Omega Man.
In qualche secondo mi hanno interessato, in pochi minuti mi hanno catturato e ho subito condiviso con gli amici metalloni questa fresca scoperta.
Ma chi sono e cosa fanno i
Divine Weep?
Sono 5 ragazzi polacchi che si sono formati nel remoto 1995, quando erano ancora ragazzini e suonavano black metal, ma solamente nel 2015 arrivano al debutto con
Tears of The Ages, dopo un paio di demo ed un EP.
Ci propongono un heavy metal sostanzialmente classico ma con una forte personalità. Riescono infatti a far convivere partiture power, speed, NWOBHM a delle belle accelerazioni in blast beat con voce a tratti sporca ("
Firestone" ad esempio).
The Omega Man è un album vario dove ogni brano ha la sua personalità ed è impossibile farsi un'idea precisa della loro proposta ascoltando solamente un pezzo. Ci sono spruzzate di
Primal Fear qua e là,
Helstar ("
The Screaming Skull of Silence"),
Riot City (la
title track), alcune accelerazioni quasi black (in stile
Lunar Shadow), momenti più ragionati ed epici ("
Walking"), tutto mescolato alla perfezione, in modo fresco ed estremamente energico. Ci sono anche leggere tastiere piazzate nei punti giusti, senza che mai siano invadenti.
Insomma ragazzi, io sto tentando di contermi ma questo disco non si fa mancare nulla ed è davvero una bomba!
La duttilità del nuovo cantante è eccezionale (voce pulita, alta, scream, voce profonda, growl: sa fare tutto), la sezione ritmica ha un background estremo che ogni tanto emerge e si sente bene per quanto spinge, sia per quanto riguarda la fantasia della batteria sia per le linee di basso varie e ben udibili. Le chitarre, infine, incendiano l'aria con un riffing classico, buone melodie, con momenti in tremolo picking, aperture acustiche, sempre precise e dal gran gusto. Se aggiungiamo che anche il suono è perfetto, né troppo roboante, né finto-classico, capirete che questo lavoro ha davvero pochi punti deboli. Forse l'unico piccolo appunto che gli si può fare è che dovrebbero provare a mettere a fuoco ancora meglio il lavoro d'isieme, far sì che tanta varietà si identifichi con il loro marchio. Ma questo arriverà col tempo.
Il quintetto polacco non ha assolutamente paura di osare e riesce a piazzare un disco che contiene davvero di tutto e che riesce a dare una pista a miriadi di band che propongono da anni lo stesso suono, sempre più sgonfio, senza provare mai qualcosa di differente.
Raramente mi capita di imbattermi in una band con così tante idee, con così tanta energia e quelle volte che succede finisce per arrivare a fine anno tra le mie preferenze assolute. Cosa che penso toccherà anche ai
Divine Weep.
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