Copertina 6,5

Info

Anno di uscita:2020
Durata:49 min.
Etichetta:AOR Heaven

Tracklist

  1. WOODEN BOX
  2. DEMON ALCOHOL
  3. TOGETHER
  4. FUCKING BEAUTIFUL
  5. KRYPTONITE
  6. IN THESE ATTITUDES
  7. TOO FAR GONE
  8. MIRACLE
  9. GET WITH THE PROGRAM
  10. ROCKING CHAIR
  11. PRETTY MUCH PERFECT

Line up

  • Tommi ‘Tuple’ Salmela: vocals
  • Tom Rask: drums
  • Riitis: guitars, keyboards & loops
  • Pate Kivinen: Hammond organ
  • Jykä Sirainen: bass

Voto medio utenti

Cinquant’anni sono un traguardo importante nella vita di ogni essere umano e se sei un artista che ha prestato i suoi servigi in svariate formazioni musicali, cosa c’è di meglio che trasformare il momento del bilancio e della riflessione in un album solista, a cui affidare alcune delle circostanze più significative della propria esistenza, circondato da tanti colleghi e amici?
E’ proprio quello che ha fatto Tommi ‘Tuple’ Salmela in questo “Wooden box”, un disco autobiografico in cui il musicista nordico, noto per la militanza in Tarot e Lazy Bonez, debutta in “prima persona” nel rockrama contemporaneo con l’aiuto di una solida backing band e di ospiti prestigiosi del calibro di Erkka Korhonen (Dark Sarah), Pepe Sedergren (Reckless Love), Zachary Hietala (Tarot), Sande Kallio (Amorphis), Janne Tolsa (Turmion Kätilöt, Tarot), Marko Hietala (Nightwish, Tarot) e Tony Kakko (Sonata Arctica).
L’opera è abbastanza gradevole, un misto di hard-rock e AOR che piacerà a chi freme per Rainbow, Dio, Deep Purple, Strangeways e Journey (elenco a cui aggiungerei certi Saxon “americani”) e non disdegna le voci stentoree e vagamente “nasali” come quella del nostro Tuple, che fatalmente finirà per “dividere” la platea e che, per quanto mi riguarda, trovo più adatta alle sonorità coriacee che non a quelle levigate e suadenti.
Al di là dei gusti personali, non è comunque difficile rilevare una certa qualità in entrambi gli ambiti stilistici, ben rappresentati dal clima ombroso ed enfatico della title-track e di “Rocking chair”, dalle sfumature Porpora di “Demon alcohol” o dalle ammalianti atmosfere “adulte” di “Together”, “Fucking beautiful” e "Too far gone”.
Altrove, vedasi i barlumi di leziosità nella poppettosa di “Kryptonite” e l’eccessiva convenzionalità di “Miracle” e "Get with the program”, la scaletta appare meno convincente, mentre tocca all’eccellente "In these attitudes” produrre un’intrigante sintesi espressiva tra le diverse inclinazioni sonore di Tuple.
Non male, infine, il pathos fluido di “Pretty much perfect”, degna conclusione di un albo che percorre le strade del “già sentito” con discreta fierezza e disinvoltura, grazie all’esperienza e alla passione di un rispettabile interprete del settore.
Recensione a cura di Marco Aimasso

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