Copertina 7,5

Info

Anno di uscita:2020
Durata:80 min.
Etichetta:Heavy Psych Sounds

Tracklist

  1. ERSTES RITUAL
  2. REQUIEM FOR A DEAD COSMONAUT
  3. SOVIET HOT DOG (LE TOMBEAU DE LAIKA)
  4. EAST SONG
  5. AGYPTOLOGY
  6. MOTERSHIP EGYPT
  7. RHYME OF THE ANCIENT ASTRONAUT
  8. ASTRAL FANCY

Line up

  • Olga Rostropovitch: vocals
  • Marlen Stahl: guitar, cello, violin
  • Nick Le Cave: bass
  • Tom Angelo: keyboards, synth
  • Allan Barbarian: drums

Voto medio utenti

Quando un lavoro rock comincia con un brano da venti minuti e termina con uno da diciannove, occorre armarsi di pazienza ed immergersi totalmente nella visione musicale e nella prospettiva stilistica degli artisti. Gli artisti in questione sono i francesi Orgöne, di Rennes, al debutto discografico. La visione e la prospettiva è quella di uno psycho-prog rock molto "free-from" e caleidoscopico, visto che ingloba elementi psichedelici, kraut-rock, progressivi-settantiani, alternative, stoner e quant'altro, immersi in una atmosfera che evoca i primordi della conquista dello spazio ed i pionieristici esperimenti cosmonautici, soprattutto sovietici. Atmosfera che coniuga gelida precisione tecnologica e sofferente drammaticità umana, con una pennellata di malinconica poesia russa ma anche elementi antico-egizi e pan-africani. Un sincretismo tanto spiazzante quanto ambizioso.

La suite iniziale "Erstes ritual" ci mostra una band capace di strutturazioni delineate ma anche di verve improvvisativa, jammistica, appunto ritualistica, con soluzioni sonore indubbiamente trasversali ed interessanti. A partire dall'impostazione vocale della cantante franco-polacca Olga Rostropovitch, che a me ha ricordato una Nina Hagen post-moderna. Vocalizzi, urla, risatine isteriche, sbalzi improvvisi di tonalità, parti quasi recitative, echi operistici ma anche tribalismo dark-wave, una duttile performance che si sposa alla perfezione con la materia sonora fluida e mutevole prodotta dai transalpini. Il chitarrismo acido e sferzante di Marlen Stahl irrobustisce il complesso lavoro delle tastiere di Tom Angelo, che spaziano dalla freddezza cibernetica del kraut-rock fino alle immagini allucinatorie e fantascientifiche dei Magma, la mitica band francese dei primi 70 che possiamo considerare come ideali padri putativi di questa nuova formazione.
Nel lungo brano è già racchiusa tutta l'attitudine sperimentale del gruppo, la direzione cosmica priva di confini, la buona capacità di coniugare il ridondante con il concreto, gli elementi dilatati space-progressivi e le pulsioni rock maggiormente viscerali. Si colgono momenti estremamente diversi, ma brillanti: ad esempio la partenza dal retrogusto orientaleggiante che si trasforma in un heavy sintetico dal forte gradiente psichedelico primi settanta così come, verso la metà del percorso, una impennata Hawkwind-iana di sporco groove acid-rock che mi ha ricordato i misconosciuti 500ft of Pipe (quelli di "Dope deal", per i più navigati cultori del genere..).
Ridondanza ed eccesso? In abbondanza. Tasso lisergico e spiazzante? A livelli molto elevati. Sfilacciamenti e sottile volontà provocatoria e disturbante? Sicuramente si. Ma anche scampoli di brillantezza, ispirazione, coraggio nella sperimentazione.

Anche i brani più concisi (ma siamo comunque intorno ai sei minuti di media..) portano spunti rimarchevoli, ad esempio "Soviet hot dog (le tombeau de Laika)" dedicata ovviamente alla cagnolina che fu il primo essere vivente lanciato in orbita terrestre (con lo Sputnik 2, novembre 1957). Un episodio tetro, drammatico, dall'atmosfera davvero cosmo-sovietica, che unisce effetti tastieristici lugubri ad esplosioni space-rock esaltate dalla voce potente della Rostropovitch. Kraut-cosmic-stoner, se mi passate la definizione. Molto simile per impostazione anche la seguente "East song", che evidenzia però tratti più marcati e distorti, nuovamente Hawkwind-iani, con la forza di un groove lisergico alla Colour Haze ed attitudine free-jam profusa a piene mani.
Vibrazioni doomy e fangose nei nove minuti di "Mothership egypt", dove ritmiche quasi sludge si coniugano con i riferimenti all'Egitto dei Faraoni, altra costante dello spettro ideologico dei francesi. Lento e poderoso, il pezzo si dipana in maniera complessa tra momenti rocciosi e spazi prog-romantici alla Genesis dei tempi d'oro, in un sincretismo davvero ricco di fascino trasversale.
Per la suite finale "Astral fancy" (19 minuti) vale tutto quello detto fino a questo punto. Gigantesca trip-song multiforme, dove possiamo trovare un pò di tutto: dai richiami arabo-orientali, ai vocalizzi dissonanti, al tessuto psych-rock, alla densità acid-stoner. Un contenitore dai confini molto labili, aperta a variegate soluzioni, dove ciascun interprete fornisce il proprio contributo distintivo. Molto immersiva, avvolgente, caleidoscopica, ma non adatta a tutti. Chi predilige gli stili concisi ed immediati, senza sorprese o passaggi inattesi, facilmente si perderà nei meandri sonici degli Orgöne.

La formazione di Rennes ha probabilmente ancora bisogno di focalizzare meglio la sua proposta musicale. Talvolta sembra perdere un pò il filo del discorso, di autocelebrare la propria attitudine libera ed istintiva, di godere smodatamente nell'arricchire le canzoni di arabeschi e trame intricate. Però, come debutto è sicuramente impressionante. Psichedelia fuori dagli schemi, intuizioni gustose, cerebralità e visceralità, richiami culturali ed orizzonti anarchici. Una band che potrebbe fare il botto nel prossimo futuro.

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