Eclipse, H.E.A.T. e Perfect Plan, nei tempi più recenti, e poi Europe, Treat e Talisman volendo estendere i termini “storici” della questione, sono solo alcuni dei “riscontri” da riferire a supporto dell’incontrovertibile tesi che vuole gli influssi del
Circolo Polare Artico straordinariamente benefici per l’
hard melodico, configurando le
Terre del Nord come un’inesauribile miniera di talenti, in grado di eguagliare e spesso addirittura superare l’analoga produzione della superpotenza statunitense.
Ebbene, il suddetto prestigioso elenco oggi richiede di essere aggiornato con il nome degli
Arctic Rain, da inserire, grazie a un aureo debutto intitolato “
The one”, tra i migliori rappresentanti “emergenti” del settore, capaci di soddisfare ampiamente chi sostiene che, pur senza stravolgere i “sacri dogmi”, si possa ancora assemblare con stile e freschezza una variegata serie di note dagli esiti emotivi coinvolgenti, potenti e raffinati.
In questa giornata da “bollino rosso” per le temperature elevate, i “brividi” veri non li produce l’idea che una spruzzata di “pioggia artica” sarebbe sicuramente bene accolta (specialmente se, come il sottoscritto odiate il caldo …), ma il contenuto di un disco piuttosto appassionante, che rivela pienamente tutte le imponenti qualità specifiche di
Pete Alpenborg, musicista e compositore già noto per il suo lavoro “conto terzi” (Revolution Saints, House Of Lords, Issa, All 41,
Toby Hitchcock, …) e che grazie agli
Arctic Rain convalida il suo ruolo di sopraffino esponente del genere.
Completato dalle pregevoli dotazioni espressive della voce di
Tobias Jonsson, dalla chitarra virtuosa di
Magnus Berglund e da un’efficace sezione ritmica formata da
Gert Daun e
Jonas Jönsson, il gruppo tratta la materia con innata sensibilità e perizia, consegnando alla vostra attenzione un programma che annienta gli effetti negativi del “già sentito” con la forza del buongusto.
Difficile, infatti, pur rilevando la “classicità” del
modus operandi, non essere fatalmente attratti dal fraseggio cromato e dalla melodia adescante di “
Love of my life” e lo stesso si può affermare per le irresistibili
hook-lines di “
Lost”, la sagace “ruffianeria” di “
Friends” e la fluida grazia romantica di “
Night after night”, tanto emozionante quanto poco “rivoluzionaria” negli sviluppi armonici.
L’atmosfera avvolgente e notturna di “
Free my mind” protrae le conseguenze di un soggiogamento sensoriale che con i garbati
anthems “
Give me all of your love” e “
Lift me up” (davvero avvincente …) trova il suo sfogo più dinamico, sublimato anche dall'esplosiva "
Breakout”, “figlia legittima” di certi Talisman.
Journey e Bad English convergono nella fascinosa
title-track dell’albo e qualora sussistano residui dubbi sull’elevata qualità espressiva dell’opera, a fugarli arrivano la bella “
Madeleine” e soprattutto “
Take me to your heart”, un autentico purosangue sonoro, perfetto per uditi avvezzi ai sofisticati cromatismi delle armonie e all’intensità delle melodie.
“
The one” è un altro fulgido esempio di classe e competenza scandinava, che le “sorprese”, come spesso accade in questi ambiti stilistici, le riserva nella capacità di rendere “credibile” e seducente un canovaccio espressivo molto consolidato … progredire ulteriormente rappresenta l’imperativa “missione” artistica di ogni debuttante e ciò nondimeno gli
Arctic Rain hanno imboccato senza dubbio la strada giusta per non sfigurare fin da ora al cospetto dei luminari citati all’inizio di questa disamina.