Nel giro di pochi mesi l’austriaca Napalm Records, da anni nel circuito come buona indie ma mai editrice di lavori trascendentali, sta diventando una potenza del metal europeo, grazie alla pubblicazione di dischi incredibilmente positivi e alla scoperta di bands validissime in ambiti commercialmente poco interessanti.
Proprio da uno di questi desolati ed ignorati anfratti emergono gli Ahab, terzetto tedesco dedito ad un PESANTISSIMO e LENTISSIMO extreme death doom, ma davvero lento e pesante come non ascoltavo dal debutto dei newyorkesi Winter “Into Darkness”del 1992. Se pensavate che gruppi come Runemagick fossero lenti ed oppressivi…non sapete quello che vi aspetta con gli Ahab.
Tuttavia, i paragoni con i Winter finiscono qui, dato che al doom di matrice urbana si sostituisce qui un doom mitologico, a tratti melodico e lancinante, fondato sul romanzo di Herman Melville “Moby Dick” ed ovviamente da qui ecco spiegato il nome della band e del disco, “The Call of The Wretched Sea”.
Costituiti da membri di Endzeit e Midnattsol, gli Ahab, come amano proferire, “celebrano” il funeral doom più intenso che abbia mai ascoltato: chitarre accordate bassissime, growling vocals che a fatica emergono dai pesantissimi riffs, tempi lentissimi, quasi monumentali che sembrano assomigliare all’incessante e perpetuo sbattere delle onde, basta chiudere gli occhi per rivivere in musica la tragedia del capitano in perenne e sfortunata ricerca della sua balena, ed è così che possiamo sentire il vento che gonfia le vele, il sale sulle nostre labbra e la voce stessa del capitano nel brano “The Sermon”, presa con degli outtakes dal celeberrimo film interpretato dal grande Gregory Peck. Fantastico.
Uno dei più grandi pregi del disco è quello di saper combinare momenti lentissimi ad altri più movimentati, così come il mare da calmo si trasforma in tempesta, per poi lasciare niente altro che relitti, impersonificati in maniera eccelsa da assoli strazianti, come già avemmo modo di ascoltare e di entusiasmarci per quel capolavoro di “Hope Finally Died” dei grandiosi Decomposed.
Decisamente un disco difficile, non per tutti, anzi ne stiano alla larga i depressi ed i facilmente impressionabili che potrebbero trovare negli Ahab la scintilla per porre fine alle proprie sofferenze.
Per tutti gli amanti del doom più puro è l’acquisto non dell’anno, ma dell’ultima decade. Capolavoro.