Copertina 8

Info

Genere:Black Metal
Anno di uscita:2020
Durata:33 min.
Etichetta:Signal Rex

Tracklist

  1. INTRO - GLORIOUS PRAISE TO THE TETRARCHS
  2. SERPENT - THE FATHER OF DARKNESS
  3. NOCTULE - THE EMPEROR OF SCOURGE
  4. GOAT - THE SERVANT OF UNDERWORLD
  5. VULTURE - THE GOD OF LAST RITES
  6. OUTRO - VIBRANT FLARE OF THEIR COMING

Line up

  • Idolatra Malum Ferus Maeficus: Bass, Vocals
  • Idolatra Hircus Sanctitas Belloz: Drums
  • Idolatra Pestis Perversus Turpis: Guitars
  • M.T. Iracundus: Guitars

Voto medio utenti

Cinque anni separano il debut della formazione pordenonese dalla nuova release, cinque anni nei quali gli Idolatria vedono uscire dalla line up il cantante Atrum Dominus Haereticus sostituito da Malum Ferus Maeficus, presente anche in veste di chitarrista. Assistiamo inoltre all'aggiunta di una seconda ascia sotto il nome di Iracundus. Oltre alle mutazioni in seno all'organico dei nostri ciò che cambia in modo davvero sostanziale è la proposta musicale: rispetto al precedente Breviarium Daemonicus Idolatrorum, il nuovo Tetrabestiarchy vanta un songwriting molto più complesso e vario, con pochi brani ma dalla durata abbastanza corposa. Il disco si presenta molto bene già a partire dalla stupenda copertina raffigurante i tetrarchi, le quattro bestiali divinità sulle quali viene costruito l'originale concept dell'album nel quale ogni brano (eccezion fatta per l'intro e l'outro) non è che un inno dedicato a uno specifico tetrarca: serpente, pipistrello, capra e avvoltoio.
Il black metal proposto in questo lavoro si distanzia in modo abbastanza marcato da quello del disco precedente: se quest'ultimo privilegiava infatti un approccio più diretto, grezzo e senza tanti fronzoli, con Tetrabestiarchy siamo invece di fronte ad un lavoro molto più personale e articolato sul piano delle composizioni che rende perfettamente ragione del lungo iato tra una release e l'altra.
Dai solchi di questo lavoro trasuda un'oscurità densa che rimanda all'evocazione di entità proibite: credo che il punto di forza principale dell'album dei nostri sia proprio la facoltà di dar vita a brani capaci di evocare un'atmosfera sacrale, magniloquente, a tratti epica senza mai risultare neanche lontanamente pomposi o artefatti. Il disco presenta numerose parti melodiche di gran gusto che si alternano a break ritmati che spezzano il tempo dei brani pronti poi a ripartire con perentorie fughe in tremolo picking accompagnate da annichilenti blast beat. La capacità di bilanciare nelle composizioni evocatività, magniloquenza, epicità, gusto melodico, cambi di tempo e ingenti dosi di violenza permette ai nostri di confezionare un disco dal minutaggio contenuto eppure densissimo di particolari da scoprire ascolto dopo ascolto. Se in prima battuta l'ascoltatore viene colto dal fomento nelle sezioni più tirate e devastanti, con l'aumentare degli ascolti si comincia ad apprezzare la ricchezza delle composizioni, i cambi di tempo e di mood che si susseguono nella narrazione uditiva proposta dai nostri.
La performance individuale dei componenti si integra perfettamente con quella di ciascun altro risultando sempre funzionale alla riuscita complessiva del lavoro: gli intrecci delle chitarre stanno ovviamente al centro del lavoro rimanendo protagoniste assolute sia che si tratti di sezioni in mid-tempo, di arpeggi o di laceranti tremolo picking. La scelta di un growl cavernoso e potente in luogo del classico scream lacerante riesce a conferire ulteriore personalità ad un disco votato all'oscurità, al culto dell'abisso e che trova dunque nella profondità della performance vocale qui proposta il suo complemento più perfetto. Menzione speciale per la performance alla batteria: non solo devastante nel modo richiesto quando c'è bisogno di picchiare ma anche in grado di fraseggiare con gusto sui tom o sui piatti arricchendo il sound in modo determinante.
La miscela preparata dagli Idolatria in questa nuova fatica riesce nel non facile compito di risultare assai personale e al contempo suonare convincente, senza perdersi in vacui sperimentalismi. Non mi pare affatto una cosa da poco. La varietà e la qualità del songwriting e dei singoli riff/parti fa il resto, riuscendo perfettamente nell'intento di portare l'ascoltatore al cospetto dell'abisso, a fargli percepire con magniloquenza la bruciante prossimità di entità nefaste.
Il tempo che la band si è presa per comporre Tetrabestiarchy e fornirgli la miglior forma possibile è non solo giustificato ma, alla luce della qualità e del fomento suscitate, anche necessario alla maturazione del suono della band, giunta qui ad un livello di personalità tale da rendere il proprio marchio ben riconoscibile in un panorama, come sappiamo, ormai saturo. Se cercate un'uscita discografica in grado di coniugare nel modo più funzionale e originale possibile un songwriting articolato con la capacità di evocare l'oscurità più recondita senza rinunciare alla violenza, sarebbe un grave errore non dedicarsi all'ascolto di Tetrabestiarchy.
Recensione a cura di Giacomo Babuin

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