Quando metà della line-up dei seminali e fondamentali
Esoteric decide di dedicarsi ad un progetto musicale diverso puoi star certo che tirerà fuori qualcosa che vale la pena quantomeno di ascoltare.
Greg Chandler e
Kris Clayton decidono con il progetto
Self Hypnosis di portare alle estreme conseguenze il funeral doom psichedelico e progressivo della band madre, infettandolo con il germe dell’industrial inglese degli anni 80/90, dalle parti di
Scorn e
Godflesh, e il postcore alla
Mastodon.
L’intuizione creativa si traduce in un torrenziale flusso compositivo che spalma quasi 80 minuti di musica su sole 7 tracce, rendendo questo “
Contagion Of Despair” un disco mostruosamente pesante da ascoltare tutto d’un fiato, incapace com’è di facile assimilazione e, perciò, abbisognando di svariati ascolti per essere compreso e metabolizzato.
Se l’incipit dell’iniziale “
Contagion” ci riporta indietro nel tempo, con il suo beat industriale, ciò non deve trarci eccessivamente in inganno, perché la musica dei
Self Hypnosis non è mai troppo simile a se stessa, arricchendosi di quelle che forse sarebbe troppo chiamare influenze, diciamo pure degli echi che valgono comunque a colorare la proposta musicale, facendone un continuo esperimento. Qualche eco dark ambient, qualcun altro djent, qualcun altro ancora gotico, insomma si capisce perché la band abbia bisogno di minutaggi così lunghi per poter esprimere le proprie sperimentazioni, pur non suonando mai lenti o eccessivamente tali.
Quella dei
Self Hypnosis è a tutti gli effetti musica inclusiva, che non disdegna di sporcarsi le mani con nulla, ricreando atmosfere un po’ nostalgiche che sembrano riportarci da qualche parte a cavallo tra gli anni ‘80 e i ‘90, quando d’un tratto la contaminazione diventò il must espressivo/compositivo del metallo nuovo, punto di incontro tra metal, punk e musica gotica da un lato e derive alternative d’oltreoceano dall’altro.
Eppure, contaminazione o meno, il suono è tipicamente british, non potreste mai confonderlo con altro, è un suono forgiato a Birmingham e nelle sue periferie.
L’inizio di “
Omission” è apocalittico, sembra di sentire echi lovecraftiani di
The Nihilist Front o
Solemn They Await, depurati della componente death metal, nonostante il riffing sia pesante come un macigno nella sua cadenza lenta e magniloquente, interrotto a metà canzone da uno stacco che parte dark ambient e si risolve in chitarre acustiche da folk apocalittico alla
Death In June, prima di aprirsi con un assolo liquido, spaziale, crepuscolare che conduce al climax della canzone che, quando sembra affievolirsi nelle braccia di Morfeo, scatena ritmiche spezzate e riff granitici alla
Meshuggah. Chapeau.
Il disco alterna pezzi lunghi oltre i 15 minuti a pezzi più corti tra i 2 e i 4 minuti circa, con la particolarità che i pezzi corti, che in teoria servirebbero a riprendere fiato, sono quelli più veloci e percussivi.
“
Contagion Of Despair” è un grande disco anche se spesso si ha la sensazione che vi sia troppa carne al fuoco, la qual cosa, accoppiata alla durata davvero spropositata, lo rende un disco per certi versi irrisolto e troppo sperimentale. Ma chi ama le sfide amerà questo disco.
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