I dischi composti interamente da cover, solitamente non sono molto amati dal pubblico. Si portano dietro una nomea di riempitivi della discografia o di soluzione con sforzo relativo per compensare periodi di scarsa ispirazione personale. In certi casi può essere vero, ma non si può nemmeno ignorare che esistono cover che hanno segnato indelebilmente la storia della musica. Le prime che mi vengono in mente, al volo, sono "All along the watchtower" (Bob Dylan - Jimi Hendrix) che lo stesso cantautore ammise di aver adottato per i propri concerti nella versione del leggendario chitarrista di colore, "Dazed and confused" (Jake Holmes - Led Zeppelin) incisa da Page prima con gli Yardbirds e poi ulteriormente rimaneggiata per lo storico dirigibile ed una per me memorabile interpretazione di "Astronomy domine" dei Pink Floyd da parte dei mitici thrashers canadesi Voivod. Ma ce ne sarebbero molte altre.
Gli
Inter Arma, uno dei nomi più quotati in ambito extreme-sludge-doom, non ci regalano perle di tale livello ma producono una serie di otto versioni certamente interessanti, per qualità e varietà. Infatti in questo "
Garbers days revisited" (titolo che chiaramente evoca un altro famoso disco di cover...) la trucida formazione di Richmond mette dentro una pletora di brani disparati e molto diversi tra loro per stile originario. Rielaborandoli nell'ottica del loro heavy-sound granuloso e sporco, dal quale emergono spuntoni hardcore, post-metal, sludge, stoner e doom.
Si passa senza fatica da una fedele ma perfino più brutale "
In league with Satan" degli iconici Venom ad una lunga e davvero soprendente "
Purple rain" del compianto Prince, che farà probabilmente inorridire i puristi dell'estremo perchè riprende il mood placido e sensuale dell'originale, aggiungendo un velo impalpabile di torbidità stoner. Spiazzante ma efficace.
Troviamo la schizzata, breve e fulminante punk-song "
Hard times" dei Cro-Mags, così come l'elaborata, cupa e molto vicina al classico Inter Arma-style, "
Scarecrow" dei Ministry. Versione rombante, velenosa, acre come l'odore di polvere da sparo, con le tipiche urla dilanianti di
Mike Paparo in evidenza. Sei minuti che potrebbero provenire tranquillamente da acclamati lavori del quintetto virginiano come "
Paradise gallows" o "
Sulphur english".
Molto buone anche le interpretazioni della discussa "
Southern man" di Neil Young e del classic-rock di Tom Petty "
Runnin' down a dream", dove la band dimostra di saper maneggiare con personalità anche temi stilistici molto differenti dal proprio. Le tonalità quasi hardcore in certi frangenti della celeberrima canzone dell'artista canadese sono da applauso, per quanto mi riguarda.
Un disco non indispensabile, ma stimolante. Il valore degli
Inter Arma non è in discussione e questa raccolta di brani non originali fa la sua dignitosa figura all'interno della loro discografia.
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