Il cascadian black metal, è un sottogenere del metal estremo creato dagli statunitensi.
Un genere dove la melodia è il fulcro oscuro e da dinamismo al tutto; un sottogenere interessante, gli
Uada sono dei seguaci e tornano con questo album.
Già dal precedente album i nostri avevano stupito per la qualità della proposta; ora ritornano con questo terzo album composto da sei lunghi pezzi.
Apre le danze la titletrack; brano emblematico che inizia con un riff che più metal non si può per poi ecco arrivare il tremolo delle chitarre fredde e maligne.
Il growl del singer e chitarrista
Jake Superchi è profondo e messo in secondo piano rispetto alla sezione strumentale; all’interno troviamo anche una parte melodica di taglio drammatico con una chitarra dolente prima di chiudere il cerchio tornando all’origine col riff iniziale.
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The great mirage”, viene aperta da un riff armonizzato che viene doppiato da percussioni e si muta in un riff black metal maligno ma sempre con una componente melodica nel profondo.
Il blast beat è devastante, il growl si staglia minaccioso e profondo con anche parti sussurrate e in screaming dove la base ritmica lenta e malinconica regge il filo; grande la chitarra nella parte centrale con un riff veramente heavy classico.
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No place here”, parte diretta con sfuriate epiche in blast beat per poi deviare in una parte lenta cadenzata che muta in una cavalcata veloce e tellurica serrata guidata da chitarre in tremolo.
La componente melodica, drammatica è una costante che si scontra con un muro generato da chitarre gelide, davvero un gran bel brano coinvolgente ed emotivo nonostante la lunghezza di tredici e passa minuti.
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Forestless” viene aperta da un riff dissonante e malinconico con effetti quasi psych; struttura darkeggiante e riffing metal vengono innervati in questo brano cadenzato e ricco di atmosfera.
Grande lavoro delle chitarre nel creare un tappeto sonoro denso di emozioni dove il black metal furioso viene disciolto in una coltre melanconica che viene conclusa da una sezione di puro heavy metal.
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Between two worlds”, è una sorte di suite, dove i marosi furibondi del metal estremo si infrangono con dosi classiche in un up tempo ricco di melodia.
Le sfuriate in blast beats sono presenti ma con picchi epici e di puro acciaio fuso, con lo screaming selvaggio e belluino del singer; qui si sfiora l’epic black metal fiero ed orgoglioso, la band ti stupisce sul finale con un solo heavy classico da pelle d’oca.
Ragazzi miei questo è una bella terza prova, anche se la band non è solamente inquadrabile nel filone black metal, ha delle soluzioni riconducibili al genere ma ha anche diverse influenze innervate nel proprio stile.
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