I
Kataklysm sono ormai in giro da 30 anni, e questo “
Unconquered” è il loro quattordicesimo full-lenght di una carriera che ha avuto molti alti e pochi bassi, attestandosi sempre su un livello compositivo/esecutivo molto buono.
Ciò detto, tuttavia, appare arduo trovare una ragion d’essere in un disco che nulla aggiunge al valore e alla discografia della band, soprattutto se aggiungiamo il fatto che i
Kataklysm nel 2020 hanno modernizzato il proprio suono, soprattutto per ciò che riguarda la produzione, hanno mutuato un’aggressività che si allontana dal death metal e si avvicina all’hardcore, e ciò si traduce in maggior velocità e minore groove, iniettando pesanti dosi di melodia nelle canzoni, cosa che peraltro non è una novità. Non a caso per la produzione si sono fatti aiutare da
Colin Richardson, uno dei guru delle produzioni bombastiche.
Il risultato è un disco che vorrebbe essere aggressivo, e lo è, ma che non riesce a fare male, proprio per una scelta di suoni troppo pulita, troppo artefatta, dalla quale non erutta la bestialità del death metal, se non in alcuni momenti dove il fragore degli strumenti si placa e lascia il posto a passaggi apocalittici di devastazione e morte, come nel bridge di “
Cut Me Down”.
Quanto detto trova il proprio paradigma in “
Underneath The Scars”, un pezzo metalcore che avrebbero potuto scrivere gli
Heaven Shall Burn, e dal mio punto di vista non è esattamente un complimento.
Intendiamoci, il disco è composto e suonato bene, e se non siete puristi del death metal vi darà una bella botta, come la devastante “
Focused To Destroy You”, dove i nostri sembrano addirittura i
Vision of Disorder, oppure la violentissima "
Defiant", . Ma se come me amate alla follia, per dirne uno, “
Hate” dei
Sinister, dal quale sembrano rubare la copertina, allora questo disco vi deluderà enormemente.
Vi dico la verità, mi scoccia stroncare i
Kataklysm del simpaticissimo singer italo/canadese
Maurizio Iacono, intervistato al telefono all’incirca una 15ina di anni fa, intervista durante la quale finimmo per chiamarci “
paisà” e scambiarci le ricette di piatti tradizionali italiani, ma devo essere intellettualmente onesto e rendervi chiaro ancora una volta che sono lontani i tempi di “
Shadows & Dust”.
Che voto dare a questo disco? Da una parte la bontà intrinseca del disco, dall’altra la delusione di trovarli troppo cambiati, quindi faccio come Ponzio Pilato, 6 politico e rimetto la palla nelle vostre mani.
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