Gli
Aphonic Threnody li ho persi un po’ di vista dopo aver recensito il loro debut Ep “
First Funeral” nel lontano 2013. Nel frattempo scopro che hanno prodotto ben due album e avuto molti cambi di formazione, la qual cosa sembra naturale visto che la band ha sempre avuto un composizioni multinazionale.
Il presente “
The Great Hatred” è il terzo full-lenght, che vede la line-up ridotta a soli due elementi. Ma poco male, visto che con l’arrivo della stagione fredda e buia il doom metal ci sta a pennello, come le caldarroste sul vino.
Il doom metal dei nostri ha tutte le caratteristiche precipue del genere e si dibatte tra episodi più funerei come nel caso di “
Interrogation” ed episodi più melodici che esprimono il meglio di se nella parte centrale con la title-track e “
Drowning”, le quali non solo hanno influssi gotici ma sono anche più variegate, richiamando alla mente i mostri sacri del doom britannico.
Uno dei difetti di questo disco è, nella mia modesta opinione, l’uso delle clean vocals maschili che, soprattutto nell’iniziale "
Locura", appaiono fuori contesto, quasi inopportune e, più in generale, non aggiungono quasi mai nulla alle canzoni, a differenza del cantato in growl, abrasivo e ruvido anche se. talvolta, monocorde.
Nel gioco del leva e metti mi sarebbe piaciuto un uso più intensivo del violino, come nel finale della title-track, o le struggenti noti di piano di “
Drowning”.
“
The Rise Of The Black Phoenix” riepiloga un po’ tutte le caratteristiche della sound della band e ha una parte centrale molto crepuscolare, che per certi versi mi ha fatto venire in mente, soprattutto quando entra il cantato pulito, certe cose degli
Empyrium, soprattutto una certa atmosfera romantico/decadente che è la vera cifra stilistica di questo disco.
Chiude il disco l’iconica “
The Fall” che mostra alcune asprezze in contrasto con il mood melodico e decadente sopracitato, e con un finale da pelle d’oca.
“
The Great Hatred” è un buon disco di doom metal che, pur essendo non originale, ottiene il suo scopo, quello di regalarci un’ora di musica oscura e decadente, perfetta per lunghe giornate autunnali/invernali, tra uggia e malinconia.
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