Sono tornati i canadesi
Wreck Defy con il loro thrash metal moderno e le loro orrende copertine. La band con questo “
Powers That Be”, terzo album in 4 anni, si consacra sul panorama internazionale con un disco energico, ben suonato e con delle belle melodie, che prendono a piene mani da un sound molto classico e ‘heavy metal’. Gli
Wreck Defy mescolano in maniera intelligente delle ritmiche serrate e dei riff accattivanti con delle linee vocali, a cura di Aaron Randall (ex-
Annihilator, ha cantato in “
Set The World on Fire”), molto melodiche e che spesso sono “doppiate” con delle armonizzazioni di stampo squisitamente “classicheggiante”.
La opener “
Beyond H8” è sin da subito un tributo alle realtà/divinità americane che verosimilmente hanno formato i musicisti qui presenti. Una piccola macchiolina che mi sento di segnalare è il suono dell’assolo, in questa canzone decisamente impastato e che secondo me non fa risaltare a dovere l’ottimo lavoro solistico di Matt Hanchuck. La cosa è diversa nelle canzoni successive, inspiegabilmente, questo suono è decisamente migliorato, o comunque più adatto. Segue poi la title track, la più lunga del lotto (7 minuti), è una perfetta sintesi di quello che il thrash metal può dire ancora nel 2020. Nella Tracklist spiccano sicuramente “
Space Urchin” e “
Scumlord”, con i loro riff ottantiani e intelligenti, i loro bridge carica-moshpit e le linee vocali armonizzate di cui parlavo qualche riga fa. Questo disco è sicuramente è un ascolto gradito per chi mastica
Sacred Raich,
Heaten e Thrash "rinnovato" tutti i giorni. Ma ciò che realmente mi perplime, a fronte di un disco così valido, è la conclusione: un minuto di chitarra e voce che potrebbe essere una pubblicità di un videocorso su come come andare prelevare le banconote da 700$ dai Baobab a Vicenza su Spotify, non so se mi spiego…
Quest’ultimo minuto s’intitola “
On The Other Side”, e purtroppo non fa rimanere un ricordo 100% positivo di questo disco che si, ha i suoi mille difetti ma sicuramente brutto non è, anzi almeno un ascolto lo merita a mani basse, però fermatevi a “
I Am The Wolf”.
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