Per chi non li conoscesse gli
Shores of Null sono una talentuosa band italiana con base a Roma e con alle spalle due splendidi dischi pubblicati dalla prestigiosa etichetta
Candlelight rispettivamente nel 2014 e nel 2017, la loro musica è inquadrabile nel filone gothic/doom/death con qualche sfumatura black oriented.
Il disco in questione, a livello di liriche ispirato al libro della psichiatra svizzera
Elisabeth Kubler-Ross intitolato appunto “
On Death and Dying” e prodotto e registrato come i precedenti dal bassista degli
Hour of Penance Marco “Cinghio” Mastrobuono presso i suoi
Kick Recording Studio, vede il cambio di casa discografica in favore della nostrana
Spikerot Records e mantiene i livelli qualitativi del gruppo seppur si tratti di un disco parecchio diverso dai suoi predecessori. Infatti, l’album consta di un unico brano di 38 minuti la cui musica si dipana in diversi saliscendi concentrandosi in maniera marcata sull’aspetto doom/death dei nostri spesso portato all’estremo, dipingendo un mondo a tratti abissale. Non mancano le parti gotiche, dove fa capolino anche il pianoforte e che nelle linee melodiche di chitarra ricordano i
Katatonia, per lo più accompagnate dalla voce pulita di
Davide Straccione e in un paio di occasioni ed in perfetta tradizione gotica dalla voce femminile dell’ospite
Elisabetta Marchetti degli
Inno. Diversi gli ospiti, tra cui spicca il cantante degli
Swallow the Sun Mikko Kotamaki che, nonostante il vocalist
Davide Straccione sia dotato anche di un ottimo growl e scream come dimostrato nei precedenti album, si occupa delle parti appunto in growl e scream insieme agli altri ospiti alla voce
Thomas A.G. Jensen dei
Saturnus e
Martina Lesley McLean. Il disco è certamente debitore dei maestri inglesi del genere, ma con personalità e senza scimmiottare i gruppi di riferimento, e mantiene un tono oscuro, triste, malinconico, potremmo dire nordico, emblematici l’inizio col vento e la fine con la tempesta e qualche parte, anche molto doom, accompagnata da malinconico violino alla
My Dying Bride. Poche e brevi le accelerate seppur controllate. Il lungo brano presenta una struttura ciclica che vede il ritorno durante l‘ascolto, spesso un pò variato, di parti ascoltate in precedenza. Veramente di impatto le parti doom su cui si staglia il lento growl possente e cavernoso di
Mikka Kotamaki, molto belli gli intrecci di voce dei vari cantanti che denotano una estrema cura del comparto vocale, cura vocale che abbiamo avuto modo di apprezzare già nei precedenti album ed in particolare nel loro penultimo. Non è facile scrivere un pezzo di 38 minuti facendo mantenere l’attenzione per tutta la sua durata, ma gli
Shores of Null ci sono riusciti a conferma del talento della band e del fatto che il metal tricolore annoveri esponenti di assoluto livello.
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