Il
“Live in Chicago” non è il primissimo live rilasciato dagli
Autopsy (la
Necroharmonic pubblicò in passato
“Tortured moans of agony” nel 1998 e
“Dead as fuck” nel 2004) , ma probabilmente è quello che sentono di più perché è il modo migliore per festeggiare gli oltre trenta anni di attività della band statunitense.
Registrato in occasione dell’esibizione tenutasi il 7 marzo di quest’anno presso il Reggie’s Rock Club nella città dell’Illinois, prima che il ciclone Covid scompigliasse l’attività live della band di
Chris Reifert & Co.,
“Live in Chicago” ci regala oltre sessanta minuti di putrido e purulento death metal.
La scaletta è basata principalmente sui brani tratti dai seminali
“Severed survival” e
“Mental funeral” (guai a voi se non li avete mai ascoltati!), infatti delle diciotto canzoni finite sull’album le tracce non appartenenti a questi due capolavori si contano sulle dita di una mano e sono “
Arch cadaver” tratta da
“The headless ritual”, “
Voices” da
“Acts of unspeakable”, “
Burial” proveniente da
“Tourniquets, hacksaws and graves”, l’inedita
“Maggots in the mirror” e la cover dei compagni di etichetta
Bloodbath,
“Fuck you!!!”.
A conti fatti la scaletta-tipo di quello che il pubblico pagante vuole sentire ad un loro concerto in quanto brani come “
Severd survival”, “Pagan saviour”, “Service for a vacant coffin”, “Twisted mass of burnt decay” e
“Torn from the womb” sono dei capisaldi del death americano dei primi anni 90, capaci di tracciare le coordinate del nascente death/doom.
La prestazione del quartetto è da manuale, gli
Autopsy sciorinano una prestazione col pilota automatico, ipnotizzando sapientemente l’audience presente coi loro ritmi morbosi e sulfurei, alternando i passaggi più doom a quelli più dinamici così che non ci siano cali di intensità.
C’è anche da sottolineare che se alla fine
“Live in Chicago” è un prodotto che funziona, parte del merito va al mixaggio ad opera di
Adam Munoz – già al lavoro dietro alle consolle audio delle ultime uscite discografiche degli
Autopsy – che è riuscito a tirare fuori il meglio dall’unica registrazione disponibile di quello che doveva essere un tour più articolato, mantenendo intatto il fortunato sound catacombale della band californiana.
Un live questo che ci riporta indietro negli anni vero, ma che allo stesso tempo è testimonianza di come queste sonorità siano ancora dannatamente attuali e lontane dall’esser accantonate negli scatoloni dei ricordi in un mondo musicale sempre più plastificato
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