Copertina 7,5

Info

Anno di uscita:2020
Durata:41 min.
Etichetta:Boomland Records

Tracklist

  1. THE EQUINOX WARRIORS
  2. SNAKE CIRCLE
  3. NIGHT SHIFT
  4. STORMCHILD (TRESPASS COVER)
  5. ON THE WAY OUT
  6. BEYOND THE VEIL
  7. ROYAL DOCKYARD
  8. THE CURSE

Line up

  • Nuria Otero: vocals
  • Daniel Munoz: guitar
  • Ruben Perez: guitar
  • Santiago Paz: bass
  • Jorge Moya: drums

Voto medio utenti

I galiziani Ocean Gates sono attivi solo da un paio di anni, ma risultano formati da musicisti che hanno maturato buona esperienza in svariati ambiti: dall'hard rock al metal, passando anche per il progressive ed il folk-rock. Il loro album d'esordio è stimolante, perchè cerca di fondere tali influenze in un impianto sonoro coeso, sicuramente inseribile nel campo del vintage/retrò rock.
I richiami agli anni '70 e '80 sono palesi, ma il sound è gradevolmente fresco ed incisivo, ottimamente prodotto e ben variegato.

L'opener "The equinox warriors" è un buon hard seventies, svelto e grintoso, dove comincia ad emergere la voce di Nuria Otero, grande protagonista dell'intero lavoro. La cantante mi ricorda qualcosa di antico (Stevie Nicks, Jinx Dawson) e qualcosa di moderno (Elin Larsson, Mlny Parsonz), mentre la musica decolla verso torride manifestazioni psycho-hard dall'atmosfera doomy, vedi la splendida "Snake circle" con convincenti svisate chitarristiche della coppia Munoz/Perez.
"Night shift" sembra una canzone a metà strada tra Ted Nugent ed i Saxon, con il bel riffone classic hard ed il temperamento caldo ma cantato da una sacerdotessa dell'occulto. Brano pienamente riuscito.
Dopo la cover di "Stormchild" della misconosciuta Nwobhm band Trespass (riformatasi da qualche anno), c'è la potente e cadenzata "On the way out" che ricorda molto l'heavy-doom alla Pagan Altar per il retrogusto agrodolce sospeso tra energia e malinconia. Una venatura di oscurità che si manifesta pienamente nella lunga "Beyond the veil", ballad evocativa e sofferta dove la Otero offre il meglio della sua interpretazione. Qui i paragoni e le citazioni si potrebbero sprecare, meglio godersi l'esplosione muscolare che interviene a metà del brano come da manuale del rock puramente seventies.
Chiudono il disco un pezzo hard nuovamente ruvido e battente ("Royal dockyard") e la estesa "The curse" che unisce un chitarrismo proto-metal a vocals dal timbro epico-oscuro, che la vocalist spagnola propone come arma principale della sua prestazione.

Una buona sorpresa, non c'è dubbio. Hard, doom, metal, dalle radici antiche ma riproposto con freschezza ed ingegnosità in chiave contemporanea. Vocals eccellenti, ottima struttura strumentale, attitudine e convinzione. Forse manca ancora un pizzico di personalità più autonoma, ma per un debutto è già molto gratificante. Promossi e da tenere d'occhio con attenzione.

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