Io ed il
metal estremo transalpino godiamo di ottimi rapporti, vieppiù corroborati da assidue e (quasi sempre) godibili frequentazioni nel corso degli anni.
Quest’oggi, la virtuale incursione in terra francese ha condotto all’ascolto di una
one man band giunta alla seconda fatica discografica. Non conosciamo l’identità dell’unico componente -anche se in rete si spiffera che la formazione si sia rimpinguata di ben due unità-, ma grazie all’esordio del 2018 possiamo circoscrivere le coordinate stilistiche, che tratteggerei come un
old school raw black cantato in lingua madre piuttosto martellante e abrasivo, ma non del tutto scevro da guizzi atmosferici o sulfurei rallentamenti.
Le coordinate mi garbavano, così come avevo gradito il citato
debut;
monicker e
artwork di copertina trasudano suggestione da ogni poro… successo annunciato dunque?
Non proprio, ahimè.
Ho letto alcune recensioni entusiastiche qua e là, ma i
Sainte Marie des Loups, per quanto mi riguarda, si sono un po’ buttati via, ottenendo con “
Funerailles de Feu” meno di quanto sarebbe stato lecito attendersi.
Colpa, fra le altre cose, di una produzione sì cruda come il genere richiede, ma sin troppo pasticciata -perdonate il vocabolo bambinesco, ma fatico a trovarne uno più calzante-, e di un
songwriting piuttosto altalentante.
I Nostri sanno ciò che fanno e, nei momenti più ispirati (accorpati perlopiù nella fascia centrale del
platter), riescono a convincere appieno: il dinamismo della
title track, il tirannico incedere di “
Dans les Yeux de Meduse” e la malignità di cui “
Interdit et Oublié” è intrisa testimoniano di una compagine dal potenziale non indifferente.
Peccato che tali episodi rimangano incastrati in una
tracklist che, in apertura ed in coda, denuncia più di un inciampo: si pensi a “
Anciens Serpents” ed a “
Visions”, sorta di sbiadite copie del
Marduk-pensiero, o ad alcuni passaggi, sin troppo convulsi, di “
Des Profondeurs le Silence” e “
Meurtrieres”.
Nel complesso, quindi, “
Funerailles de Feu” si fa apprezzare, ma al sottoscritto ha lasciato uno spiacevole sentore d’incompiutezza, tanto da non percepire alcuno slancio a concedere ulteriori
chances dopo i 3-4 passaggi “istituzionali” nello stereo.
Nulla di drammatico, in fin dei conti: i
Sainte Marie des Loups rimangono comunque un gruppo da tenere d’occhio, ed i miei rapporti col
metal estremo transalpino si mantengono cordiali ed amichevoli.
Al prossimo incontro quindi.
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