Era già da qualche tempo che questo disco ammiccava dalla solita catasta dei Cd da recensire/ascoltare. Un nome completamente sconosciuto determina normalmente due contrastanti situazioni: da un lato la curiosità per una possibile bella “scoperta” e dall’altro il rischio di una proroga nella disamina, a favore di autori più noti, giustificata “dall’ansia” di ritrovare quelle sensazioni magari già elargite in passato da tali “vecchie” conoscenze.
In questo caso, lo stupore da me provato una volta affrontato questo “The Morning sunburst” è paragonabile a quello di un artificiere che, immaginando di doversi cimentare con un mortaretto si ritrova davanti un ordigno d’incredibile potenza.
Gli abruzzesi RadioVipers hanno, infatti, compresso nei solchi di questo dischetto un esplosivo sonico ad alto potenziale i cui componenti costitutivi si chiamano hard rock e street metal, realizzando un prodotto talmente consistente da affiancarsi e talvolta superare le (più o meno) “nuove” leve del settore (dirompenti come Buckcherry, Backyard Babies, Velvet Revolver e i migliori Hardcore Superstar e superiori a Beautiful Creatures, Private Line e Gemini Five, tanto per fare qualche nome), nonché così convincenti da riportare in auge le gesta memorabili di bands quali Motley Crue, L.A. Guns, Faster Pussycat, Bullet Boys e Guns n’ Roses.
Già proprio i Guns … quanti gruppi conoscete in grado di sostenere esplicitamente il paragone con gli autori di “Appetite for destruction”, senza dover pagare inevitabilmente un considerevole dazio?
I RadioVipers riescono nell’impresa e la loro versione di “It’s so easy”, bonus track posta a suggello di quest’avvincente albo, non solo è assolutamente all’altezza di un modello di siffatta statura, ma aggiunge addirittura un pizzico di personalità non snaturante ad un brano assai “difficile”, soprattutto per chi si debba confrontare con l’incredibile versatilità vocale di Mr. Axl Rose.
Plauso al singer Mez Ryan, dunque, il quale, grazie ad un timbro sanguigno, incisivo e pure sufficientemente originale, riesce a disimpegnarsi alla grande in ogni occasione interpretativa, proprio come i principali campioni di specialità, ma senza tentare di copiarli in maniera fastidiosa.
E’ comunque tutto il combo ad essere un’autentica macchina da guerra, i maestri del rock stradaiolo con il corroborante contributo di Cry Of Love, Tesla e Law And Order (li ho già citati anche in qualche altra occasione, e ve li consiglio come una band da (ri)scoprire!) rivivono nelle chitarre vibranti e selvagge di Manny Pearl, nel basso poderoso di Sarah Stripe e ancora nell’impatto e nella precisione del dumming di Iggy Street, quasi si trattasse di un manipolo di veterani delle scene, piuttosto che degli esordienti.
Ecco, forse per trovare un esempio, operante nel medesimo campo, in qualche modo affine a questo “The Morning sunburst”, dal punto di vista degli effetti indotti sul mio apparato uditivo, bisogna risalire al primo lavoro dei Brides Of Destruction (mentre è assolutamente da dimenticare il suo seguito “Runaway brides”!), ma lì c’era gente del calibro di Nikki Sixx e Tracii Guns a fare da autorevole trait d’union tra passato e presente.
E pensare che la partenza non era nemmeno stata troppo travolgente e rappresentativa della qualità del platter: “Boom baby”, pur energetica e adescante, non è, almeno per il sottoscritto, un ideale biglietto da visita ed è sufficiente sottoporsi alla melodia irresistibile di “Do you wanna?” e “Pigs in the mud”, all’ardore trashy di “Take a look” o al frizzante glam ‘n’ roll “Body from Mars”, per rendersi conto della differenza tra una buona canzone e un’esperienza dannatamente coinvolgente.
Ancora non siete convinti? Provate, allora, con “Next step to you”, una gemma grezza di rock-blues vagabondo sottolineata dall’inteso accompagnamento dell’armonica, con la pulsante “House of beggars”, vicina alle traiettorie dei Black Crowes, ma senza l’artificio patinato di certe “new sensation” (bye bye Silvertide!) oppure con “Pusher”, sporca, corrosiva e carica di quell’elettricità ereditata da un famoso alto voltaggio australiano o ancora gustando le pause melodiche di “Last day here”, e sono quasi sicuro che sarete persuasi della cognizione di questa nuova realtà made in Italy.
Attitudine, divertimento, capacità traente, sfrontatezza, alcool, dissoluzione, in una parola fuc***’ hard rock ‘n’ roll d’alta scuola, per uno dei prodotti maggiormente eccitanti all’interno di questo specifico ambito stilistico (con la nostra Italietta ben rappresentata!) e state certi che la prossima volta la cima della pila del materiale da analizzare non ve la leva nessuno!!
L’ultimo elogio va al sito del gruppo … davvero bello e particolare, della serie “nulla è lasciato al caso” … Ancora bravi!