Venne il giorno in cui, nel 1995, la magica formazione degli
Asphyx che pochi anni prima aveva composto capolavori come “
Last One On Earth” e “
The Rack”, decise di dividersi per permettere al chitarrista
Eric Daniels e al batterista
Bob Bagchus di esprimersi in maniera diversa, con l’intento di rendere omaggio ai loro idoli
Bathory e
Venom. Nacquero così i
Soulburn che tra il ‘96 e il ‘99 riuscirono a pubblicare demo e un bel disco d'esordio.
Poi la magia è finita. Non si vedeva il becco di un quattrino oppure è tornata genuinamente la voglia di sventolare la bandiera dell’Olanda sotto il nome “Asphyx”, non ci è dato sapere quale di queste ipotesi sia corretta, fatto sta che dei
Soulburn non si è più sentito parlare per tanto tempo.
Di fatto gli
Asphyx ci riprovarono nuovamente con un disco nel 2000, “
On The Wings Of Inferno”, ma non servì a tanto e la lineup implose.
Daniels, degli
Asphyx, proprio non ne voleva più sapere, infatti non partecipò alla reunion del 2007, mentre
Bagchus durò 6 anni, ma nel 2013 si ritrovò nuovamente lontano dalla grazia della band che aveva fondato ormai 25 anni prima.
Si convinse così che era ora di richiamare il suo vecchio amico
Eric Daniels per riesumare quel vecchio progetto parallelo che 15 anni prima vollero mettere in piedi.
Tra il 2014 e il 2020 i
Soulburn riuscirono a sfornare altri tre dischi ed oggi, nel 2020, ci propongono “
Noa’s D’ark”.
“
The Morgue of Hope” apre il disco con un macigno di doom-death che trova l'ignaro ascoltatore decisamente impreparato, con la sola conseguenza possibile: lo massacra. In realtà è un pezzo abbastanza vario (con una durata complessiva di 7 minuti si aggiudica il premio di pezzo più lungo) e verso la fine si fa -se possibile- dolce e malinconica, ma senza abbandonare la furia nichilista del death metal. La successiva
title track, con il suo squittio di topi finale, si afferma come uno dei pezzi più riusciti del disco: riesce ad incarnare alla perfezione quel senso di claustrofobia e terrore che una band come i
Soulburn DEVE trasmettere. Questa sensazione è ben mantenuta e ben conservata lungo tutta la durata del disco, con picchi (anzi, abissi) meravigliosi come in “
Anarchist”, “
The Godless I”o la stupenda “
From Archeon Into Oblivion” posta in chiusura.
In conclusione, “
Nos’s D’ark” è un disco di death/doom metal veramente valido, che in qualche modo estremizza il discorso che gli
Asphyx continuano tutt’ora a portare avanti.
Il 2020 è l’anno del death metal.
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