Undicesimo album in carriera, escludendo l'inspiegabile rifacimento del già orrido "
Megatropolis" e le riregistrazioni dei primi dischi su Noise di "
Reforged - Riding on Fire", per gli inossidabili
Iron Savior di
Piet Sielck, nati con l'omonimo debutto ormai lontanissimi 23 anni fa.
La direzione musicale della band non è in minima discussione, power heavy metal di stampo classico che più classico non si può, quasi mai veloce ma sempre basato su mid-tempos rocciosi e ritmati ed il subito riconoscibile vocione roco di Mr. Sielck; rimane solo da stabilire, di volta in volta, lo stato di forma degli Iron Savior, se hanno azzeccato il disco "bomba", se rimane carino ma nulla più o se, assai raramente invero, hanno toppato del tutto, cosa che non accade da tre lustri più o meno.
Ebbene, il nuovo "
Skycrest" è il loro disco più ispirato degli ultimi sei anni, dato che è decisamente più frizzante, cantabile e trascinante dei precedenti "
Titancraft" e "
Kill or Get Killed" che come detto non erano assolutamente dischi deludenti ma privi di un certo mordente o di canzoni memorabili.
Non che la nuova fatica di Piet e soci, peraltro accompagnato da una vita dai fedeli
Jan-Sören Eckert al basso e
Joachim "Piesel" Küstner alla chitarra e dal semi-nuovo
Patrick Klose alla batteria, sia un disco incredibile, a livello dei primi due, di "
Battering Ram" o dei più recenti "
The Landing" e "
Rise of the Hero", ma si pone indubbiamente sopra la media e promette, mantenendola, l'intenzione di un'oretta di purissimo e tradizionale heavy metal, nel pieno stile e tradizione degli Iron Savior.
Quasi a farlo appositamente, i brani migliori sono posizionati "uno sì e uno no", come a diluirli sapientemente lungo l'intera tracklist, a partire da "
Our Time Has Come", il singolo "
Souleater" di cui vedete il video in calce alla recensione, "
There Can Be Only One" e "
Raise the Flag" fino al finale in crescendo in cui tutti i brani svelano la loro capacità di fomentare, portandoci ad urlare a squarciagola le varie "
End of the Rainbow", la malinconica e struggente ballad "
Ease Your Pain", che riprende molto lo stile della primigenia "Break It Up" ed uno dei rarissimi casi in cui potete sentire la voce di Sielck al naturale, e la conclusiva "
Ode to the Brave", che è proprio la classica fucilata degli Iron Savior stile "Unification" e che conclude un lavoro decisamente riuscito ed ispirato.