Che l’accostamento, troppo spesso formulato con leggerezza, tra arte e musica, nel caso di
Mario Di Donato (anche pittore di notevole fama e poeta, ricordando con l’occasione il fascinoso volumetto “
Carmina”) sia assolutamente legittimo, lo abbiamo già affermato con convinzione in passato e non credo sia necessario tornare a ricordarlo al lettore.
Quello che invece è doveroso ribadire, dopo l’ascolto di questo “
Ars metal mentis”, da non molto pubblicato sotto la storica denominazione
The Black, è l’inesauribile ispirazione che continua ad alimentare il lavoro dell’artista abruzzese, un autorevole
maestro del
doom metal mondiale, non sempre riconosciuto per il suo vero valore.
Il tutto senza trascurare la forte “italianità” del progetto, espressa anche attraverso il legame indissolubile con la regione natia, evocato nell’opera in più di un’occasione in maniera nitida ed esplicita.
Un esempio di piena maturità, intrisa di cultura e sensibilità impressionanti, è quello che si percepisce durante la fruizione di un disco in cui la consueta miscela tra
heavy-dark-doom primordiale e influssi
progressivi conserva “magicamente” una notevole energia visionaria, fondamentale per non adagiarsi dopo una carriera tanto corposa.
Una “lezione” utile a molti frequentatori della scena, e se da un lato è giusto rivendicare per il nostro una meritata incondizionata visibilità, dall’altro non è da escludere che una certa lontananza dal clamore delle copertine musicali del settore abbia in qualche modo “giovato” al mantenimento non solo di un’encomiabile integrità, ma anche di un formidabile fermento interiore, capace di trasformare l’immarcescibile retaggio Sabbath-
iano in un suono inquieto, potente e costantemente affascinante.
La presenza, in veste di ospite speciale, di
Tony Pagliuca (un altro abruzzese “eccellente”) nel prologo e nell’epilogo dell’albo, oltre a cagionare un piccolo sussulto emozionale a chi come il sottoscritto non dimentica la magnificenza de Le Orme, aggiunge ulteriore lustro a un programma che in realtà è altrove che catalizza integralmente l’attenzione, strisciando tra luce e buio, come una “cosa” viva, sfuggente e magnetica.
I
riff al tempo stesso plumbei e melodicamente avvincenti, le pulsazioni incessanti della batteria di
Gianluca Bracciale e del basso della
new entry Cristiano Lo Medico e il cantato ossianico e sacrale (in latino, forse è bene ricordarlo …) costituiscono il tramite con cui gli intrecci compositivi s’insinuano subdolamente nei gangli sensoriali, espugnandoli con la forza di una viscerale attitudine.
“
Marius Donati”, “
Museum”, la liturgica e ferale “
Cerbero”, “
Mala tempora”, la possente e nervosa “
Decameron” (ispirata alle celebri novelle di
Giovanni Boccaccio, licenziosi racconti di giovani in fuga dalla peste nera … ancora molto “attuali”, per molte ragioni …) e invero tutto “
Ars metal mentis” (non a caso il modo in cui il nostro definisce la sua proposta, richiamato anche nel titolo della bella biografia della Crac Edizioni a lui dedicata) confermano ciò che i fedeli estimatori di
The Black sanno già da parecchio tempo … conoscenza, ricerca, libertà, urgenza e fierezza sono elementi imprescindibili nella smaniosa personalità degli
Artisti veri, una nobile categoria che resiste strenuamente alla caducità delle mode e alla diffusa superficialità del pubblico e rappresenta una delle poche certezze di autentico “ristoro” emotivo del complicato vivere contemporaneo.