La
Magnetic Eye Records prosegue nella propria iniziativa di coverizzare e reinterpretare alcuni grandi classici rock del passato. A questa serie denominata "
Redux", dopo "The wall" dei Pink Floyd e "Dirt" degli Alice in Chains, si aggiunge uno dei dischi più iconici degli anni '70: "
Vol. 4" dei Black Sabbath. Inutile spendere lodi sperticate sulla leggendaria band britannica, l'influenza di tale formazione su qualsivoglia filone del rock e del metal è talmente palese da non richiedere ulteriori commenti. Il quartetto di Birmingham è e resterà sempre nella storia della musica "hard'n'heavy" ad imperitura memoria. Nessuno può definirsi un vero rocker, se non conosce e rispetta i Black Sabbath. E questo è quanto.
Il quarto album, pubblicato nel lontano 1972, possiede delle particolarità rispetto al trittico precedente. Insieme a diversi brani divenuti nel tempo dei classici assoluti della discografia di Ozzy e soci, troviamo degli intermezzi più sperimentali e particolari, che all'epoca divisero le opinioni della critica e dei fans. Quindi è interessante vedere come i gruppi coinvolti in questo progetto, tutti dell'area neo-doom/stoner/sludge, si sono approcciati a tale materiale storico.
La partenza è subito spiazzante: i black-sludgers della Louisiana
Thou propongono una "
Wheels of confusion" stravolta e sinistra, sferragliante e distorta, con una voce raschiante agli antipodi di quella di Osbourne. Quel pizzico di estremismo sonoro aggiunto e veicolato dagli americani mi convince perchè denota personalità. Ci sono cover identiche all'originale e cover che se ne distaccano per alcuni elementi, questa appartiene alla seconda categoria e funziona bene.
Il super-hit "
Tomorrow's dream" è affidato ai
The Obsessed. Un mito che interpreta un mito. La voce e la chitarra di
Weinrich sono parte consistente della storia del doom, null'altro da aggiungere.
Assolutamente brillante la versione di "
Changes" degli
High Reeper. Come tutti dovrebbero ricordare, sull'album originale si tratta di una ballad romantica e nostalgica splendidamente guidata da un Ozzy all'apice della forma. Qui diventa un solido e roccioso pezzo stoner, pieno di groove ed energia fumosa. Uno dei momenti più alti della compilation.
Altro giro, altra leggenda.
Matt Pike (Sleep, High on Fire) si spende per l'interludio "[iI]Fx"[/I], traccia che nell'originale era, con tutto il rispetto, un filler. Lui ci mette la sua chitarra debordante per seguire il solismo Iommiano. Niente di che, ma di più non si poteva fare, a meno di stravolgere completamente il pezzo.
Perfetta la "
Supernaut" degli ormai consolidati
Spirit Adrift. Doom rock at the best, con una sploverata di modernità sul tappeto ritmico. Ma il pezzo è così famoso, che come lo giri va sempre bene. I
Green Lung aggiungono un tocco prog-seventies alla celeberrima "
Snowblind" (che doveva dare titolo all'album, ma siccome parla di dipendenza da cocaina l'idea venne accantonata). Meno oscura dell'originale ma con il medesimo groove, quella sottile vibrazione di dolcezza psichedelica è vincente. Promossi. Artigiani dell'underground.
Così come sono promossi i noisers di Atlanta
Whores e la loro "
Cornucopia". Rilettura simile a quella dei Thou, ma ancora più torbida e marcia. Perfino nei passaggi più slow riescono ad esprimere una distorsione maligna e caotica. Noise-doom opprimente e sulfureo.
L'onnipresente
Tony Reed addolcisce ulteriormente la già nuvolosa "
Laguna sunrise", mentre i californiani
Haunt irrompono con il loro classic metal in una "
St. Vitus dance" che diventa quasi Maideniana. Brevi, concisi, dritti al punto.
La chiusura, con un altro classicone come "
Under the sun", tocca ai
Zakk Sabbath. Ora, se non sapete chi c'è dietro a tale moniker è meglio lasciar perdere.
Zakk Wylde è più sabbathiano dei Black Sabbath stessi. I Black Label Society sono una contemporanea emanazione di questo sound potente ed oscuro. Il progetto
Zakk Sabbath (con il bassista
Blasko che ha suonato con Ozzy e
Joey Castillo batterista nei Queens of the Stone Age e Danzig) ha già coverizzato il primo album dei Sabs col titolo "Vertigo" (sempre per
Magnetic Eye). Per cui abbiamo una canzone interpretata alla perfezione, con un sound muscolare ed irsuto, precisa in ogni dettaglio e suonata magistralmente. Il barbuto
Zakk è una sicurezza, non delude mai.
Davvero una bella versione di questo classico. Si tratta sempre di una raccolta di cover, ma realizzata molto bene e con grande passione. Se amate come me i Black Sabbath, non fatevela sfuggire.