Tre
album (e due
Ep) in oltre quindici anni di carriera discografica lasciano supporre che i
Crown of Glory abbiano incontrato talune difficoltà nel loro percorso artistico e in qualche modo giustificano “l’ignoranza” del sottoscritto per il quale gli svizzeri rappresentano un’assoluta “novità”.
Una sorpresa abbastanza piacevole, perché il loro
power metal di derivazione teutonica, sagacemente screziato di
hard-rock, tra Edguy, Helloween, Pretty Maids, Angra e Serious Black, pur non tracciando nuove vie, appare fin dal primo contatto piuttosto ben calibrato e coinvolgente, magari anche in misura maggiore di tanti nomi ben più celebrati della scena.
Avvalendosi della possente prestanza vocale di
Heinz "Hene" Muther, dell’affilata coppia d’asce composta da
Markus "Kusi" Muther e
Hans "Hungi" Berglas, e della tumultuosa sezione ritmica rappresentata dal basso di
Jonas Lüscher e dalle percussioni di
Lukas Soland, il gruppo dimostra di conoscere assai bene la materia, colorando di melodie intriganti un suono coriaceo e cromato.
Al risultato contribuiscono anche le tastiere di
Oliver Schumacher, relegato a un ruolo solo apparentemente “di contorno” e che comunque personalmente avrei ulteriormente enfatizzato nell’economia complessiva del programma.
Non tutto “
Ad infinitum” è allo stesso livello espressivo, e non convincono pienamente, ad esempio, l’eccessiva prevedibilità di "
Infinity”, “
Glorious nights” e “
Make me believe”, mentre piacciono parecchio l’ardore sinfonico di “
Emergency”, il
pathos enfatico di “
Something” (cantata in duetto con
Seraina Telli, ex Burning Witches) e la grinta contagiosa di “
Let`s have a blast” e della sferragliante e solenne "
Emporium of dreams” (bello il tocco vagamente “modernista” di
Schumacher), tutta “roba” assai familiare e che tuttavia grazie a una discreta
verve non deluderà gli estimatori del genere.
La ballata romantica “
Surrender” e la
catchy “
What I`m made of” dimostrano la duttilità di
Muther e tra i momenti più che dignitosi della scaletta inseriamo anche la densa e fosca “
Master of disguise”, l’evocativa “
Until I`m done” e “
Say my name”, che con un fraseggio serrato e melodrammatico e una linea armonica ancora una volta alquanto accattivante, sigilla un ascolto ampiamente soddisfacente.
I
Crown of Glory e il loro “
Ad infinitum” si collocano con fierezza e competenza in un panorama metallico molto competitivo e inflazionato, e senza troppi proclami si meritano l’attenzione di chi ritiene che il collaudato connubio
power n’ melody conservi intatto il suo imperituro fascino.
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