Copertina 7

Info

Genere:Black Metal
Anno di uscita:2020
Durata:49 min.
Etichetta:Flowing Downward

Tracklist

  1. NEVER FOREVER
  2. EVENSTAR
  3. AURORA
  4. DEAD HEARTS
  5. RAISON D'êTRE
  6. ENVIE
  7. LUMEN

Line up

  • S.R.: all instruments, vocals

Voto medio utenti

Oh, infine una boccata d’aria fresca dopo tanti ascolti estremi improntati alla tenebra, alla morte ed al pessimismo cosmico! E che boccata: parliamo nientemeno dei Ratt, storica formazione che negli anni ’80 infiammò la scena californiana, e che torna inaspettatamente nel 2021 con…

Come dite? La doppia cade sulla A e non sulla T?
Parliamo quindi dei Raat? E chi sono?
Ah, una one man band proveniente dall’India

Ok dai, come non detto: da San Diego a Delhi il passo è breve, così come dal glam al black metal proposto dal Nostro -che, per inciso, si fa chiamare come il mio scooter ai tempi delle superiori-.
Un black dalle mire decisamente *post, che non disdegna incursioni in territori shoegaze; pensate ad un incontro tra Nattramn, Akhlys, Lifelover e Deafheaven, ed otterrete più o meno il cupo impasto sonoro che “Raison D'être” sfoggia.

Ad acuire ulteriormente la cupezza interviene poi una produzione profonda ed impostata sui toni bassi, capace di donare alle composizioni un senso di pesantezza quasi funeral doom.
Tale accorgimento, per converso, finisce per valorizzare ancor più i momenti improntati all’intimismo (le soffuse digressioni di “Never Forever”, la conclusiva “Lumen”), che in ogni caso convivono senza forzature con quelli in cui emerge la vena più drammatica dei Raat (penso alla disperata “Aurora”, contigua a certo depressive).

La varietà delle soluzioni, anche all’interno degli stessi brani, ricorda quella dei già citati Deafheaven, rispetto ai quali, tuttavia, ci si distanzia in termini di ritmo complessivo. La creatura di S.R., infatti, accelera di rado, preferendo dipanare sull’ascoltatore una spessa coltre di lutto e malinconia, ben rappresentata da brani come “Dead Hearts”.

Certo: dalle vocals si sarebbe potuto pretendere qualcosa in più, così come si sarebbero potute sfrangiare superfluità (l’incipit della title track) e passaggi a vuoto (l’inconcludente “Evenstar”), ma nel complesso il platter convince, grazie soprattutto a songwriting efficace, sezioni strumentali avvincenti e ragguardevole portata emotiva.

Se dunque ambite a farvi affliggere da un carico non indifferente di mestizia e sconforto concedete ai Raat una possibilità; se invece sognate di sfrecciare con la moto sul Sunset Strip -mi raccomando però: senza casco, altrimenti la cotonatura dei capelli ne risente- togliete una A, aggiungete una T ed inserite “Out of the Cellar” nello stereo.

Io quasi quasi mi ascolto di nuovo “Raison D'être”.
Voi?
Recensione a cura di Marco Cafo Caforio

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