Oh, infine una boccata d’aria fresca dopo tanti ascolti estremi improntati alla tenebra, alla morte ed al pessimismo cosmico! E che boccata: parliamo nientemeno dei
Ratt, storica formazione che negli anni ’80 infiammò la scena californiana, e che torna inaspettatamente nel 2021 con…
Come dite? La doppia cade sulla A e non sulla T?
Parliamo quindi dei
Raat? E chi sono?
Ah, una
one man band proveniente dall’
India…
Ok dai, come non detto: da
San Diego a
Delhi il passo è breve, così come dal
glam al
black metal proposto dal Nostro -che, per inciso, si fa chiamare come il mio scooter ai tempi delle superiori-.
Un
black dalle mire decisamente
*post, che non disdegna incursioni in territori
shoegaze; pensate ad un incontro tra
Nattramn,
Akhlys,
Lifelover e
Deafheaven, ed otterrete più o meno il cupo impasto sonoro che “
Raison D'être” sfoggia.
Ad acuire ulteriormente la cupezza interviene poi una produzione profonda ed impostata sui toni bassi, capace di donare alle composizioni un senso di pesantezza quasi
funeral doom.
Tale accorgimento, per converso, finisce per valorizzare ancor più i momenti improntati all’intimismo (le soffuse digressioni di “
Never Forever”, la conclusiva “
Lumen”), che in ogni caso convivono senza forzature con quelli in cui emerge la vena più drammatica dei
Raat (penso alla disperata “
Aurora”, contigua a certo
depressive).
La varietà delle soluzioni, anche all’interno degli stessi brani, ricorda quella dei già citati
Deafheaven, rispetto ai quali, tuttavia, ci si distanzia in termini di ritmo complessivo. La creatura di
S.R., infatti, accelera di rado, preferendo dipanare sull’ascoltatore una spessa coltre di lutto e malinconia, ben rappresentata da brani come “
Dead Hearts”.
Certo: dalle
vocals si sarebbe potuto pretendere qualcosa in più, così come si sarebbero potute sfrangiare superfluità (l’
incipit della
title track) e passaggi a vuoto (l’inconcludente “
Evenstar”), ma nel complesso il
platter convince, grazie soprattutto a
songwriting efficace, sezioni strumentali avvincenti e ragguardevole portata emotiva.
Se dunque ambite a farvi affliggere da un carico non indifferente di mestizia e sconforto concedete ai
Raat una possibilità; se invece sognate di sfrecciare con la moto sul
Sunset Strip -mi raccomando però: senza casco, altrimenti la cotonatura dei capelli ne risente- togliete una A, aggiungete una T ed inserite “
Out of the Cellar” nello stereo.
Io quasi quasi mi ascolto di nuovo “
Raison D'être”.
Voi?
Non è ancora stato scritto nessun commento per quest'album! Vuoi essere il primo?