Della pila di dischi che il Graz mi ha dato da recensire quello dei russi Hieronymous Bosch è senz'altro quello che ho dovuto riascoltare più e più volte per poterlo recensire, essenzialmente per la complessità e per la ricchezza di sfumature che costiutiscono l'essenza di "Artificial Emotions". Ecco quindi che è stato necessario ascoltarlo con molta attenzione e concentrazione per poterlo inquadrare a dovere, ma ne è valsa davvero la pena. Il disco è uscito sul mercato nel 2005, ma la sua distribuzione in Italia è recente; peccato, perchè si tratta di un disco di ottima levatura che avrebbe meritato maggiore cosiderazione e una promozione più capillari. Ma d'altronde si sa che questi due fattori non sono quasi mai direttamente proporzionali all'effettivo valore di un gruppo.
La musica del quartetto è difficilmente catalogabile utilizzando un'etichetta unica, dal momento che sono presenti vari elementi rincoducibili a generi anche molto distanti tra loro: se la voce è sporca in pieno stile death, le chitarre mostrano un'eterogeneità davvero sbalorditiva, facendo largo uso di arpeggi e intermezzi jazzati o comunque riconducibili alla musica colta, senza dimeticare momenti più aggressivi dallo spessore tecnico indubbio. L'utilizzo parsimonioso delle tastiere apporta una vena prog al suono degli Hieronymous Bosch, allargando ulteriormente il cerchio delle influenze musicali del gruppo. Cercare di descrivere un pezzo estratto da questo disco è molto difficile e si rischierebbe di svilire o comunque non rappresentare al meglio quella che è la proposta della band, quindi mi limito a citare gli highlights di "Artificial Emotions" lasciando a voi lettori la curiosità di sentire il disco: "Tired Eyes", la breve strumentale "Dewswimmer" veramente da brividi, "Practical Criticism", "Heartbeat Seismology" e "Escape From Primitivity" gli episodi migliori. Sulla produzione c'è poco da dire, veramente buona e mette in risalto i vari strumenti permettendo all'ascoltatore di apprezzare la complessità dei brani e l'eterogeneità del disco a livello strumentale, anche se mi sarebbe piaciuta una batteria un po' più presente.
Il gruppo non poteva scegliere un monicker migliore per la propria proposta musicale: proprio come con i quadri di Bosch, ascoltando "Artificial Emotions" ci si perde nell'osservazione e nella ricerca dei vari particolari, nell'apprezzamento dei singoli passaggi, rendendo l'ascolto del disco un piacevole viaggio che all'inizio si rivela un po' ostico per la grossa mole di spunti presenti, ma che una volta assimilato a dovere svela tutta la propria ricchezza. Altro che "emozioni artificiali", gli Hieronymous Bosch elargiscono emozioni profonde e vere a go go!!
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