Avevo tenuto a battesimo
il primo album dei
Pounder e mi era piaciuto parecchio perché lo sentivo vivo, pieno di ottimi riff e sincera passione per il metallo classico. Aveva diversi difetti, certo, ma li compensava alla grande con il valore delle canzoni e con l’energia profusa. Ero quindi abbastanza curioso di ritrovarli a distanza di un paio di anni per vedere i progressi fatti, e scoprire se la magia del debut era ancora intatta.
Il nuovo
Breaking The World dura appena 35 minuti, quindi non dovrebbe avere punti deboli ma colpire nel segno e darti la voglia di ascoltarlo ancora, subito.
Ciò però non avviene.
il volume della voce, che nel disco precedente sembrava registrata dalla stanza a fianco con la porta chiusa, ora è finalmente degno e la prestazione di
Harvey, -per quanto NON SIA un cantante- è accettabile e, con tutti i suoi limiti, continua a caratterizzare la proposta dei Pounder. Ma tutto quello che il disco guadagna in ruvidità grazie all'ugola sgraziata, a grandi riff e buoni assoli, spesso lo perde con tastiere messe qua e là e coretti super cheasy che smontano tutto ("
Never Forever" è imbarazzante!).
Il bello del precedente lavoro, come detto, era il suo essere rustico, pieno di bei riff e melodie imprecise ma sanguigne; a questo disco è stata invece data una bella ripulita e, di conseguenza, si è perso un po' di fascino.
Dando uno rapido sguardo alle canzoni, devo dire che "
Hard City" è tra le meglio riuscite, la successiva "
Give Me Rock" è invece tra le robe più pacchiane ascoltate negli ultimi tempi: “
I need it hard, I need it fast and I need it right now. I’m gonna get it, I’m gonna take it and I really don’t care how. We know what we want, we know it shall will roll. Give me rock!”. Meh…
"
Deadly Eyes" inizia poi molto bene, è carica a pallettoni, ma.. perché inserire quei coretti? Almeno in questo caso non sono troppo invasivi, il pezzo rende bene e lo ritengo tra i migliori del lotto.
Se da un lato possiamo assistere ad un grosso passo avanti nel cantato e nella produzione, dall’altra parte la voglia di rendere tutti i pezzi ammiccanti, leccati, piacioni per forza, taglia le gambe all'esaltazione. Intendiamoci, non è certo un brutto disco, si ascolta bene ed ha qualche buon momento, è solo che non riesco a trattenere la delusione nel constatare come un amico con cui farmi una birra, che prima incontravo al pub in jeans e maglietta, ora si presenta con i mocassini ed ordina una caipirina. Sotto sotto è sempre piacevole fare due chiacchiere con lui ma non lo trovo a suo agio.
Piccola nota a margine prima della chiusura. Capisco che nel 2021 sia difficile essere originali, capisco il legame con la musica ottantina che si sta in qualche modo tributando e capisco anche ci possano essere anche delle coincidenze, ma:
Questo ritorno di fiamma per il metal classico e tutta la NWOTHM vanta numerosi esponenti di grande valore, c'è una folta e combattiva schiera di band che buttano fuori ottimi album, ragazzi che cercano di sgomitare per un posto al sole. Per quanto riguarda i Pounder, l'abilità dei musicisti non si discute, così come il loto amore per Accept, Twisted Sister, Judas Priest, ecc... semplicemente lascio parlare le emozioni e, stavolta, non posso nascondere la delusione provata nel vedere la band passare dal 7,5 del debutto ad uno scalino sotto per questo nuovo capitolo.
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