Diamo a Cesare quel che è di Cesare.
Il mio rapporto con gli
Epica di
Mark Jansen e
Simone Simons non è mai stato costante, nel tempo; li ho esaltati all'inizio della loro carriera per aver saputo prendere la formula dei Kamelot (da cui la band prende anche il nome) ed averla portata un gradino o due avanti nell'evoluzione sonora, diventando di fatto un pilastro del cosiddetto
female fronted metal e inserendo, al contempo, growls e aperture orchestrali in un mix interessante e funzionante. Nella seconda fase della loro carriera, tuttavia, ho cominciato a sentire puzza di riciclato, vedendo gli Epica ripetere sempre lo stesso disco, e accorgendomi di come (anche) a loro si possa imputare la nascita del cosiddetto
Bosone di Amaranthe, che, a parere di chi vi scrive, ha creato un nucleo tumorale all'interno della nostra amata Musica del demonio (come la chiamava mia nonna), nucleo che si espande e si autoreplica in maniera via via più veloce e preoccupante.
Ricordo ancora le mie parole in occasione di
"The Quantum Enigma", in cui parlavo appunto della '
paraculata maxima' degli Epica, ricevendo un fiume di parole, a sostegno o contro la mia tesi.
Ebbene, in questo 2021 tutto mascherine e zone rosse mi ritrovo tra le mani questo "
Omega", ultima fatica in studio del combo olandese, e mi tocca andare a mettere un cappello, per poi poterlo togliere.
Se i miei dubbi di allora fossero legittimi o meno, sarà la Storia a decretarlo; il presente, tuttavia, è un album francamente della madonna, in cui quasi tutto è al posto giusto, in cui il tipico Epica-sound diventa vangelo e viene esaltato alla massima potenza, riuscendo a sbagliare davvero così poco, che non puoi che ammettere, signori, che questo è un disco grosso così.
E sarà stata anche la relativa pausa che i nostri hanno potuto prendersi, o la possibilità di comporre per la prima volta dopo tanto tempo tutti insieme in una casa nelle campagne olandesi, fatto sta che "Omega" è un disco che
funziona. Terzo e ultimo capitolo di una "Trilogia metafisica" cominciata con "
The Quantum Enigma", l'album apre con una intro che introduce il motivo che sfocerà nella convincente "
Abyss of Time", e sono ritornelli orecchiabilissimi, potenza a vagoni ed il giusto equilibrio tra il display of power e il lato sinfonico dell'arrangiamento, che in questo brano e in moltissimi altri prediligerà scale arabeggianti e motivi ammiccanti all'oriente, che verranno usati in maniera intelligente come una sorta di
fill rouge per legare tematicamente tutto il platter.
La cosa che mi ha colpito sin da subito di "
Omega" è la disomogeneità delle tracce, che non si somigliano eppure si appartengono: "
The Skeleton Key" rallenta e si scurisce, "
Gaia" è il manifesto degli Epica moderni, "
Freedom" ha un ritornello talmente accattivante da sembrare un brano pop, e così giù giù attraverso la lunga e complessa "
Kingdom of Heaven part 3" (ultimo capitolo anche qui, anche se il primo lo preferisco), una "
Rivers" quasi sussurrata, perfetto showcase per la voce sempre splendida di Simone, e poi ancora botte con "
Twilight Reverie", e nessun growl è stato maltrattato durante la lavorazone di questo album! Qui c'è equilibrio, gli arrangiamenti sono intelligenti, e la produzione è stellare.
Una delle cose che mi sono trovato a pensare, ascoltando questo album per l'ennesima volta è come, nonostante cori, orchestrazioni, mille tracce audio per ogni brano, potresti davvero suonare queste canzoni con una voce e una chitarra; questo perché le linee vocali funzionano, e non sono un mero orpello in un pacchetto preconfezionato.
In conclusione: onore a chi lo merita, "
Omega" è forse il più bel disco degli Epica da un decennio a questa parte, almeno per me. Bravi bravi.