Un duo francese che si sperimenta in un folk imbastito di new age, ambient e una spruzzata di elettronica: per chi avesse voglia di un sorso di questo nuovo oriental-cocktail, consigliamo un happy hour a base di Rajna. Metafora alcolica neppure troppo campata per aria visto che, come sottofondo per un aperitivo nel locale più trendy della metropoli, sarebbero assolutamente perfetti. Sì, perché l'incedere ipnotico delle canzoni, la voce sospirata di Jeanne, le influenze spiccatamente orientali dell'impianto strumentale affidato a Fabrice Lefebvre risultano la miglior colonna sonora per un Maj Tai accompagnato da patatine alla paprika. In "Otherwise", i Rajna sembrano aver intrapreso un sentiero trans-continentale, un percorso di commistione tra l'elegante sospensione delle sonorità orientali e la salda concretezza del sound occidentale. Lungo l'ineffabile cammino affrontato dal combo francese esistono però chiari punti di ancoraggio che ci riconducono con i piedi per terra: lo sperimentalismo di Kate Bush, l'ingegno di Tori Amos, l'eterea inquietudine di Lisa Gerrard guidano l'ascoltatore verso mete già in parte esplorate. Se brani come "Porcelain Sky", "Just My Life" e "Abyss" ci sospendono a mezz'aria, le chitarre e i bassi di "Shall I Go?" e "Secret Place" ci riportano dannatamente con i piedi per terra catturando, senza troppa convenzione però, la mente del pellegrino ascoltatore.
Missione coast-to-coast intercontinentale non completamente riuscita per i Rajna: speriamo che il prossimo lavoro ci avvicini un po' di più a questo tanto agognato cielo di porcellana.
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