Per i nostri lupacchiotti preferiti ne è passata di acqua sotto i ponti dalla celebre trilogia pagana, non è vero?
Tra esperimenti avanguardistici, colonne sonore ed un approfondimento sempre più intenso della musica elettronica e sperimentale gli
Ulver hanno continuato il loro personale cammino artistico sorprendendo di volta in volta per le svolte fatte. Ma nonostante ciò, la fiamma nera dei primi anni di vita di
Garm e soci ha avuto un forte impatto sulla scena black/folk metal mondiale, andando ad influenzare ensemble brillanti come gli
Agalloch e con una zoccolo duro di fans che non è riuscito a digerire i lavori fatti dal 1998 in avanti ha “trasformato” quella parte di carriera in un mito.
Fiutato l’affare, nel 2014 la
Century Media licenzia il cofanetto
"Trolsk Sortmetall 1993 -1997" che in quattro cd ed un corposo booklet di 104 pagine con foto, commenti, i testi e le relative traduzioni in inglese, oltre alla rimasterizzazione dei lavori originali, offre una grande cura dei dettagli che ci permette di avere l’immagine di un’epoca lontana e che non tornerà più.
L’ingenua demo
"Vargnatt", il bucolico
"Bergtatt - Et Eeventyr i 5 Capitler", l’ancestrale
"Kveldssanger" e il selvaggio
"Nattens Madrigal - Aatte Hymne Til Ulven I Manden", sono la chiara testimonianza di una band che anche solo facendo black metal, non era né banale, né tanto meno convenzionale.
E si comincia con
"Vargnatt", una demo ingenua e un po’ confusa che mostra una band che deve ancora farsi le ossa.
Seppur lo stile sia quel folkish black metal che farà la fortuna di
"Bergtatt", è anche vero che i mezzi tecnici sono quelli che sono, la registrazione è impastata e la scelta infelice di piazzarci delle vocals pulite che hanno un retrogusto comico dà quindi delle sensazioni contrastanti.
I ventinove minuti di
"Vargnatt" hanno come principale merito quello di essere un laboratorio musicale che ha permesso alla band di affinare le sue capacità tecniche e compositive andando quindi a confluire nel successivo capolavoro.
Preso per quello che è invece è un’opera molto naif, da ascoltare più per curiosità e da scoprire per un mero fatto storico, che per altri motivi.
Nella prima metà degli anni ’90 l’esordio degli
Ulver è diventato presto un classico del black metal e del folk metal grazie ad una qualità straordinaria della musica.
"Bergtatt" è un album fiabesco che espande a dismisura il folklore lirico e musicale in queste fredde lande estreme.
Le atmosfere leggiadre e ammalianti che chitarre acustiche, voci pulite, cori nordici e giri melodici sanno dare, vengono amalgamate con maestria alle tinte nere e feroci che blast beat dirompenti, scream ed il riffing ha in seno il black metal. Questo flusso musicale ben si presta alla narrazione di miti e leggende tipicamente scandinave e non è un caso se queste cinque canzoni narrano la storia di una ragazzina che si perde nella foresta dei troll e non farà più ritorno a casa.
Nel terzo cd troviamo
"Kveldssanger" che di fatto è la prima svolta musicale dei lupi norvegesi. Qui il gruppo si concentra sul folk norvegese: niente più metal, ma solo trentacinque minuti di musica acustica.
Dietro ad una delle copertine più belle e poetiche che si siano mai viste, è contenuta una musica dai toni pacati e rilassati, atmosferici e naturalistici.
Canti montanari, un delicato violoncello e chitarre acustiche sono le principali protagoniste in buona parte delle quattordici canzoni qui suonate e registrate. Un piccolo rammarico è dettato dallo scarso uso del flauto, un peccato davvero perché quando viene usato con intelligenza sa mettere in pace il nostro animo.
Ma il capolavoro del disco sono sicuramente i sette minuti di
"Ulvsblakk" nei quali confluiscono tutti gli elementi di questo sound sognante e si riesce a trasportare le tipiche atmosfere del black metal norvegese in un ambito squisitamente folk.
Un lavoro non perfetto e che soffre di una certa ripetitività in alcuni tratti, ma che al suo interno ha qualche freccia al suo arco che gli hanno permesso di conquistarsi un discreto numero di fan.
E adesso si passa a quello che è l’ultimo supporto ottico del cofanetto, l’ultimo lavoro della trilogia pagana e che per questo ed altri motivi è un disco molto amato negli ambienti black metal. Vista la sua registrazione circolava la voce che
"Nattens Madrigal" fu suonato e registrato all’interno di una foresta, una voce che ne alimentò il mito in quegli anni diversi da quelli odierni.
Ed il lupo norvegese seppur rimanendo nei confini del metal estremo scandinavo cambiò di nuovo pelle, ed ecco che dal folk acustico si passa ora ad un ferocissimo concentrato di black metal norvegese sparato a mille.
Ma tra questa fiumana di blast beat incessanti, scream feroci ed un rifferama aspro e frastagliato, estremizzata da suoni crudi e secchi che rendono il tutto più glaciale e tagliente, abbiamo un concept sulla licantropia con i testi scritti in danese antico.
Un flusso primordiale e selvaggio che dà veramente poco spazio alla melodia.
E si conclude così la storia racchiusa dietro a questo elegante cofanetto: la
Century Media chiede circa una quarantina di cucuzze per questo
"Trolsk Sortmetall" e vista la qualità musicale contenuta nei primi tre album degli
Ulver, all’opera di rimasterizzazione che non inficia i lavori originali ma anzi esalta le note contenute nei cd e ad un booklet eccezionale, sono assolutamente giustificati.
Se ve li siete persi all’epoca e ciò che avete letto fin ora vi ha ingolosito, beh non avete più scuse.