Gli
Ojm sono stati una delle formazioni italiane più stimate in ambito stoner/psych rock. Nati intorno al 1997, i trevigiani non hanno mai nascosto il loro amore viscerale per la grande musica degli anni '70, citando costantemente tra le proprie influenze fondamentali nomi come Blue Cheer, Black Sabbath, Mc5, Grand Funk Railroad.
Il loro primo album "Heavy" (2002, Beard of Stars) si collocava decisamente in scia all'ondata stoner, con un sound ruvido e tendenzialmente Kyussiano. Nel successivo "The light album" (2004, Go Down) c'è una decisa sterzata verso uno stile maggiormente garage e psichedelico, con l'adozione di tastiere e melodie molto vintage. Il buon successo underground spinge il gruppo italiano ad insistere su questa linea, come testimoniano l'acclamato "Under the thunder" (2006), il live del 2008 registrato durante un tour in Francia, infine "Volcano" (2010) prodotto dal famoso Dave Catching (QotSA, Eagles of Death Metal, ecc.). Tutti pubblicati da
Go Down Records.
Da lì in avanti la band comincia ad accusare problemi di coesione e stabilità, pur mantenendo una costante presenza sui palchi nazionali ed europei. Nel 2015 esce la raccolta "18", che contiene estratti dell'intera discografia ed alcune chicche come una alternative-version di "I'll be long" ed una jam-session insieme al guru del desert-rock Brant Bjork. Poi gli Ojm decidono di mettere in ibernazione l'attività, per dedicarsi ad altri progetti musicali come Ananda Mida e The Sade. Peccato.
Adesso, il batterista
Max Ear recupera la registrazione di un concerto del 2011, svoltosi al Rocket Club di Landshut, in Baviera, durante il tour promozionale di "Volcano". Questo viene pubblicato, solo in edizione vinilica a tiratura limitata, grazie alla collaborazione tra
Go Dawn e
Vincebus Eruptum Records.
La scaletta dell'esibizione privilegia ovviamente il disco citato con il suo sound rugginoso e rockeggiante, a tratti quasi Purple-iano, vedi un brano come "
Venus" o la cover dell'immortale "
Hush" (che in realtà è del cantante statunitense Billy Joe Royal). C'è anche del garage rock'n'roll alla The Hellacopters ("
Wolf"), così come le aperture psycho-seventies spaziali e fumose (la spettacolare "
Ocean hearts", ad esempio).
Non manca qualche classico più datato, come la dilatata e lisergica "
Desert" (da "The light album") o la selvaggia e rabbiosa "
Give me your money" (da "Under the thunder") nonchè l'hit "
I'll be long", uno dei pezzi più memorabili ed accattivanti di "Volcano".
La formazione veneta in quel momento è al top, con gli storici fondatori
Max Ear ed il vocalist
David Martin (che pare essersi ritirato dalle scene per dedicarsi alla viticoltura),
Andrew Pozzy alla chitarra (precedentemente al basso) e
Stefano Paski al basso/organo. Una prestazione di livello, ricca di groove e visceralità retrò-rock, convincente sotto tutti gli aspetti. Se possedete ancora un giradischi, non fatevi scappare l'ennesima testimonianza della qualità e dello spirito rock dei nostri connazionali.
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