La nascita del movimento underground scandinavian stoner/desert si può far risalire alla leggendaria compilation "Molten Universe vol.1" (1999, Molten Universe) che vedeva la presenza contemporanea di nomi come Lowrider, Demon Cleaner, Mammoth Volume, Astroqueen, The Mushroom River Band, ed ovviamente i
Dozer. Questi ultimi hanno rappresentato la punta di diamante del filone per una decina di anni, dal mitologico tape "Superspeeder" del 1997 fino all'ultimo album "Beyond colossal" del 2008.
Avendoli scoperti all'epoca del primo full-lenght "In the tail of a comet", uscito nel 2000 per la storica label Man's Ruin, ho potuto osservare la loro evoluzione stilistica partendo da un sound fortemente kyussiano, quasi clonato dagli autori di "Welcome to Sky Valley", maturato in seguito grazie all'inserimento di energiche pennellate alternative-rock e con una personalità autonoma sempre più riconoscibile. Solido groove stoner e melodie sempre un pò malinconiche, iperboree, quasi che il deserto sabbioso e riarso fosse stato sostituito dalla solitudine estatica delle lande ghiacciate dell'estremo nord.
Dopo una stasi artistica iniziata dopo il già citato "Beyond" e proseguita per un decennio, che aveva fatto pensare ad uno scioglimento definitivo, recentemente il gruppo di Borlänge è tornato attivo in sede live ed ha aperto una collaborazione con
Heavy Psych Sounds, la quale si sta occupando di ristampare in vinile i loro lavori.
Adesso esce questo "
Vultures", un Ep di sei canzoni più una traccia bonus (la cover di "
Vinegar fly" dei Sunride) stavolta disponibile sia in vinile che in cd. Si tratta di brani risalenti al periodo 2004-2005, realizzati come demos preparatori prima dell'ottimo "Through the eyes of heathens".
Canzoni nelle quali ritroviamo il classico stoner ciondolante ed intenso caratteristico di questa formazione, con quel brillante mix di ritmiche incalzanti e feeling melodico accattivante (che ha molto influenzato gente come Graveyard, Greenleaf, Horisont, ecc...). Mid-tempo robusti, spessi, con un basso turgido ed i fuzz-riff trascinanti, vedi "
The blood is cold", ma anche la capacità di variare lo schema senza perdere la presa sul dinamismo rock più puro e genuino.
Certo, il debito ai Kyuss è sempre presente, vedi uno stoner/desert pulsante e torrido come "
The impostor", ma la personalità del quartetto è limpida nel groove vitaminico di "
Vultures" così come nell'incedere pigro e sognante di "
To the fallen", uno slow dalle vibrazioni sognanti e vagamente psichedeliche di grande bellezza.
Lo stoner dei
Dozer è un classico, per qualità e fascino. Anche a distanza di quindici anni appare fresco ed intonso. Non hanno inventato nulla, ovvio, ma sono comunque capostipiti e migliori interpreti di un movimento underground che prosegue ancora oggi. Questo materiale datato è un "must" per coloro che li seguono da sempre, ma rappresenta anche la speranza di ascoltare nuove creazioni nel prossimo futuro.
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