Copertina 7

Info

Genere:Death Metal
Anno di uscita:2006
Durata:39 min.
Etichetta:Relapse
Distribuzione:Self

Tracklist

  1. THE INTELOPER
  2. D.E.A.D.
  3. AN UNFORGIVING SEASON
  4. THE CONTAMINATED VOID
  5. DEATH SMILES AT ME
  6. A CUSTOM-MADE HELL
  7. RETURN TO ASHES
  8. STRAIN AT THE LEASH
  9. FLAMMABLE
  10. ANTIDOTE
  11. THEY CRAWL INSIDE ME UNINVITED
  12. WAITING FOR BUILDINGS TO COLLAPSE
  13. HEART SHAPED VIOLENCE
  14. GENERATIONS DECAY

Line up

  • Anders Jakobson: drums
  • Andrè Alvinzi: guitars
  • Oskar Palsson: bass
  • Anders Bertilsson: guitars
  • Joel Fornbrant: vocals

Voto medio utenti

Archiviata, nella maniera più tragica possibile, l'avventura con gli immensi Nasum, ecco che il drummer Anders Jakobson si rimette in pista, debuttando con la sua nuova band, Coldworker; della partita fanno parte Oskar Palsson ( Rentless ) al basso, Andrè Alvinzi ( Carnal Grief ) ed Anders Bertilsson ( Ruin ) alle chitarre e Joel Fornbrant ( Phobos ) alla voce. Il buon Jakobson stupisce tutti quanti, proponendo una musica che, pur rimanendo estrema, si discosta parecchio dal solito operato dei Nasum. Se prima era il grindcore a farla da padrone, ecco che nei Coldworker è il brutal death a dominare la scena. Un brutal death che, partendo da un'ossatura americana, si infetta pesantemente con il classico swedish death e, sporadicamente, con rifusi grindcore ( questo per non dimenticare le origini di Jakoboson ), soprattutto nei momenti più tirati. Il platter è un pugno sulle gengive; offre poco in termini di varietà ed originalità però, nel suo scopo ( ossia quello di spaccare a destra e manca ), emerge alla grandissima dal solito pattume estremo. L'unica grossa pecca è riscontrabile nel growl monocorde di Fornbrant, il quale dovrebbe modulare di più il suo rantolo animalesco. Da rimarcare assolutamente la prova dei due axemen, soprattutto in chiave solista; infatti, spesso vengono proposti dei solos malati, stranianti, che solo ad un ascolto sommario possono sembrare esser inseriti a casaccio. Invece non è così, essendo incastonati alla perfezione nel marasma sonoro che la band riesce a creare. Un disco intenso, seppur breve, che colpisce nel segno grazie a potenza, violenza e coesione d'intenti. Ottima la produzione da parte di Dan Swano e Peter In de Betou, due storiche figure nel campo dell'estremo, che sanno come deve suonare un disco per piacere. Anche se qualche caduta di tono, durante l'ascolto si riscontra, questo " The Contaminated Void " non può che esser giudicato in maniera positiva. Un buon debutto, che fa ben sperare per il continuo di carriera.
Recensione a cura di Andrea 'ELASTIKO' Pizzini

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