Di
Baro, al secolo
Alberto Molesini, c’eravamo già occupati su queste stesse colonne ai tempi di “
Lucillo & Giada / Topic Würlenio”, pregevole riedizione rimaneggiata di due suoi “
prog-getti” risalenti agli anni ottanta, riproposti grazie alla competenza e alla perspicacia della
Andromeda Relix.
E’ ancora una volta l’etichetta veneta a patrocinare la nuova opera dell’esperto (La Sintesi, Hydra, Elam, Marygold, …), bassista, cantante, tastierista e compositore veronese e non nascondo una notevole curiosità nell’affrontare questo nuovo “
Utopie”, alimentato, come da migliore tradizione
progressive, da un intrigante
concept e contraddistinto da una veste grafica davvero attraente e curata in tutti i dettagli.
Eh già, perché, a beneficio di chi non lo sapesse o non l’avesse ancora capito, aggiungiamo che l’ambito espressivo in cui si muove il nostro è quello di un
prog-rock “classico”, in cui echeggiano piuttosto distintamente influenze di Yes, Gentle Giant e Genesis, il tutto rielaborato con innato buongusto e sufficiente carisma, un po’ alla maniera di certi The Flower Kings.
La narrazione favolistica e cavalleresca, dietro cui si cela l’idea di una forma di “utopia” ingannevole e ipocrita, a fronte della quale si auspica un ritorno alla realtà e al risveglio catartico e pragmatico delle coscienze, funge da sostrato a una tessitura musicale cangiante e multiforme, che in realtà si apre in maniera abbastanza “anomala”, privilegiando un approccio prettamente
poppeggiante, non lontano, anche a causa dell’utilizzo della madrelingua, da gruppi come (primi) Pooh, New Trolls e Locanda delle Fate.
Esaurita la gradevole
naïveté di “
Non sento!” (brano scritto originariamente per La Sintesi e avulso dal contesto concettuale del disco), il programma diventa un viaggio in note suddiviso in quattro lunghe frazioni, dove si ordiscono umori sempre differenti, tra magniloquenti barocchismi, melodie solari e radure di rarefazione, all’interno di una policromia di suoni e immagini di notevole suggestione.
Difficile (e inopportuno) in tale situazione tentare di isolare episodi specifici (sebbene non possa proprio dissimulare una leggera predilezione per “
Runaways”, con i suoi quindici minuti di deliziosi rimandi alla
belle époque del
prog …), ed è per questa ragione che mi limiterò a raccomandare l’ascolto di “
Utopie” ai seguaci del genere e a chi crede che buona musica, sincerità, ispirazione, passione e rispetto siano valori assoluti, indifferenti all’ineluttabile trascorrere del tempo.
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