Metal e universo femminile, un connubio che storicamente non ha mai risparmiato pregiudizi e diffidenze, mentre leggermente meglio è andata quando si è trattato di accostare la versione più melodica del “rock duro” con "l'altra metà del cielo".
Dalle pioniere
Pat Benatar,
Ann e
Nancy Wilson,
Fiona e
Robin Beck, la rivalsa delle donne in un genere tradizionalmente maschile ha conosciuto momenti di grande pregio e successo, e se tiriamo in ballo i nomi di tali seminali
rockeuses, è proprio perché è a quel “mondo” che si rivolgono
Chez Kane,
vocalist britannica dalle notevoli qualità espressive, e
Danny Rexon (Crazy Lixx), che produce e contribuisce alla scrittura di questo “
Chez Kane”.
Il risultato è un godibilissimo tributo all’
hard ottantiano, composto e interpretato con buongusto e intelligenza, ovviamente poco “sorprendente” e tuttavia piuttosto appassionante per chi ama queste sonorità.
Se escludiamo “
Ball n' chain”, una delle tante (troppe?) “figlie” di “
You give a love a bad name”, il resto del programma evoca
déjà-vu mai troppo “sfacciati”, capaci di stimolare la parte “nostalgica” di ogni appassionato del genere senza per questo apparire una parodia di tempi fatalmente irripetibili.
Merito, come dicevamo, di stesure melodiche sempre coinvolgenti e dell’ugola duttile della protagonista dell’opera, efficace sia quando si tratta di mostrare il suo lato più languido e sia laddove è la grinta a prendere il sopravvento.
Non è difficile, dunque, immaginare “
Better than love”, una specie di fusione tra
Bonnie Tyler (un’altra dei principali numi tutelari della nostra, mi sa …) e i Quarterflash, inserita nella colonna sonora di una pellicola fomentata dal famigerato “
edonismo reaganiano”, oppure fantasticare, durante l’ascolto dell’
anthem “
All of it”, di essere tra le prime file di un concerto al
Whiskey-A-Go-Go, magari mentre si attende la
performance di Winger o Danger Danger.
Sensazioni che proseguono anche grazie al tocco Kiss-
iano di “
Rocket on the radio”, perfetta per scorazzare con i capelli (ad averceli …) al vento su una
freeway californiana e alla sbarazzina “
Get it on”, non lontana da certe cose delle Vixen.
Così, ecco che quando arriva il gioiellino “
Too late for love”, felice interpolazione Starship/Heart, all’astante non rimane che capitolare di fronte a tanto compiacimento
cardio-uditivo, appena affievolito dalla solo gradevole “
Defender of the heart” e dalla già citata “
Ball n' chain”, affetta da sintomi evidenti di
BonJovi-ite, una “patologia” non invalidante ma che comunque condiziona l’effetto emotivo.
“
Midnight rendezvous” rivela il lato maggiormente
metallico di
Chez Kane, abile a “dominare” anche questa circostanza stilistica, sebbene personalmente la preferisca in situazioni meno sprezzanti, come accade nella melodia pulsante di “
Die in the name of love” (pure qui, a tratti, vagamente Bon Jovi-
esca) e nella conclusiva “
Dead end street”, una ballata risolta con stile, integrando qualcosa della migliore
Stevie Nicks nel ricco impasto ispirativo.
In “
Chez Kane” non troverete nulla di “inesplorato”, eppure l’esito artistico dell’
album è certamente di tutto rispetto, alimentato com’è da talento, cultura e da un’attitudine sincera, che porta a guardare con gioia un passato dalle peculiarità immarcescibili, evidentemente ancora molto radicate nel presente di tanti appassionati e frequentatori del settore.