Copertina 7,5

Info

Anno di uscita:2021
Durata:46 min.
Etichetta:Lifeforce Records

Tracklist

  1. KUURA
  2. FAITH
  3. NOWHERE HAVEN
  4. WINTER'S KISS
  5. WHEN THE MUSIC DIES
  6. TUNTURI
  7. ROAD OF BONES
  8. FIELD OF REEDS
  9. SKELETON LAKE

Line up

  • Mikko Kolari: guitars
  • Jussi Hämäläinen: guitars, vocals
  • Nino Hynninen: keyboards
  • Toni Hatakka: vocals
  • Jussi Kirves: bass
  • Sami Forsstén: drums
  • Riikka Hatakka: female vocals

Voto medio utenti

E se, dopo tanto tribolare e peregrinare, l’approdo finale degli Hanging Garden si trovasse proprio a Lago Skeleton?
Cerchiamo di chiarire il punto: non è questa, a parere di chi scrive, la vetta discografica della compagine finnica (volgerei piuttosto lo sguardo in direzione di “At Every Door”); tuttavia, ritengo che il settimo full length dei Nostri possa rappresentare l’agognata quadratura del cerchio in termini di sound e direzione artistica.

Quest’album infatti, a differenza dei suoi più recenti predecessori, si presenta ai nastri di partenza con le idee chiare, avvolgendo l’ascoltatore in suadenti spire dark / gothic sospinte da melodie solenni e malinconiche. Il mood complessivo non manca di una qual certa leggerezza d’animo dai toni quasi indie, e mette in mostra un lieve substrato di ottimismo, come se il combo volesse implicitamente suggerire una sopraggiunta serenità compositiva.

Pressoché scomparsi, invece, i riferimenti al doom ed al melodeath, fatte salve alcune sporadiche parentesi ed il consueto ricorso al growl -sulle vocals torneremo a breve-.
In “Skeleton Lake”, semmai, rinveniamo sentori della compianta scena britannica anni ’90 (Paradise Lost su tutti), malcelati rimandi alla wave ottantiana (soprattutto a livello di arrangiamenti) e qualche tributo agli ineludibili Katatonia (il riff portante di “Nowhere Haven” parla chiaro).

Anche sotto il profilo squisitamente qualitativo, il neonato di casa Hanging Garden dimostra una inusuale compattezza, lasciandosi alle spalle gli evidenti cali di tensione delle precedenti release.
La tracklist, a questo giro, vanta notevole solidità, zeppa com’è di brani piacevoli e ben strutturati, con alcuni brandelli di eccellenza disseminati qua e là (la soave “When the Music Dies” e la suggestiva “Tunturi” i primi esempi che mi sorgono in mente).

Oltre al songwriting, citerei quali fattori decisivi per la buona resa del disco la produzione, che riesce a posizionarsi in perfetto equilibrio tra levità e profondità, e, soprattutto, la cura certosina riservata al comparto canoro.
Nei tre quarti d’ora abbondanti di durata assistiamo infatti ad una staffetta molto ben congegnata tra Jussi Hämäläinen, Toni Hatakka e la (semi) new entry Riikka Hatakka; lungi dall’adagiarsi su logori stereotipi fondati sulla cavernosa voce maschile contrapposta a quella angelica femminile, si gestisce l’alternanza in modo più raffinato, costruendo un mosaico vocale stratificato e di grande pregio.
Ascoltare “Kuura” o “Winter’s Kiss” per credere.

Questa, tornando alle considerazioni svolte in premessa, sembra dunque essere la versione definitiva degli Hanging Garden: una compagine dotata e talentuosa, che presumibilmente non assurgerà mai al rango di mostro sacro del genere di riferimento, ma che ha infine trovato la propria nicchia e la propria identità.
Attendo, come sempre, di venir sonoramente smentito in occasione del prossimo disco; nel frattempo, finché il pronostico regge, rimetto sullo stereo “Skeleton Lake” e plaudo di nuovo alla compagine finnica.
Recensione a cura di Marco Cafo Caforio

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