Gli
Stormwind sono una band svedese nata nel lontano 1995 da un’idea di
Thomas Wolf, proveniente da Stoccolma, uno dei tantissimi chitarristi virtuosi cresciuti a “PANE E YNGWIE MALMSTEEN”, tanto che i lavori del suo progetto, concentrati praticamente tutti in un arco temporale alquanto ristretto, dal punto di vista stilistico, possono essere considerati una sorta di discreto omaggio al connazionale “Maestro”.
I primissimi anni della formazione scandinava, come si diceva pocanzi, sono scanditi da una frenetica attività discografica, con la bellezza di ben 6 album pubblicati dal 1996 al 2003!
Poi, il silenzio totale!
Per quanto sopra esposto, stupisce oggi la decisione della ristampa, per la nuova etichetta
Black Lodge Records, dell’ultimo lavoro in studio, intitolato
Rising Symphony, da cui tuttavia sono passati ben 18 anni!
Release probabilmente superflua sotto molti aspetti tuttavia, se da un lato è vero che non aggiunge niente di nuovo nella storia degli
Stormwind (a parte una traccia inedita), dall’altra parte è pur vero che tale scelta ha una sua importanza strategica: in primis, alimenta inevitabilmente delle speranze per la possibilità di un ritorno definitivo del combo svedese, inoltre ci fa nuovamente apprezzare un album comunque godibile, grazie anche ad una line-up di tutto rispetto in cui, oltre al mastermind
Wolf, troviamo tante facce conosciute, come il singer
Thomas Vikstrom (Therion, ex-Candlemass), il bassista
Andreas Olsson (Rob Rock, Shadowquest), il tastierista
Kaspar Dahlqvist (Shadowquest, ex-Dionysus e Ilium) ed infine il drummer
David Wallin (HammerFall).
Altra nota positiva di tale uscita discografica è indubbiamente la migliore produzione (del resto sono trascorsi quasi 20 anni, in cui la tecnologia ha fatto passi da gigante!) che risalta la pulizia del suono, ne beneficiano di conseguenza in qualità sia i brani tipicamente malmsteeniani, come
Touch The Flames,
Eyes Of Change,
Stranger From The Sea o la velocissima
Flyer, sia le tracce in cui emerge una maggiore originalità e che forse, per questo motivo, si rivelano le più riuscite, come
White Man o
Streets Of Prishtine, con le loro palesi influenze blues-rock, ma soprattutto la bellissima ed elaborata
Excalibur.
A chiudere il disco, a differenza di quanto avviene nella versione originale, non troviamo la strumentale Venezia, ma
Wings Of Tomorrow, altra sferzata power in salsa neoclassica, in cui il buon
Thomas Wolf sfodera degli assoli veramente pregevoli, dimostrando che non ha ancora perso né il tocco, né la voglia di fare buona musica (a differenza del suo “personale guru” Yngwie, perdonate la frecciatina).
Inutile aggiungere altro su un disco uscito quasi 20 anni fa, ogni altra analisi sarebbe superflua a distanza di tutto questo tempo, tutto sommato però, per i motivi elencati sopra, la ristampa di
Rising Symphony, offre degli interessanti spunti per riscoprire un lavoro ben riuscito nel complesso, nella speranza che non si tratti solo di una strategia di marketing fine a sé stessa, ma che sia il preludio al vero ritorno sulle scene della band.