Solamente ad un anno di distanza dal discreto The Seal Of A New World, i
Signum Regis tornano in pista con un brevissimo, ma altrettanto valido EP, intitolato
Flag Of Hope.
Musicalmente la band slovacca (ma dal signer brasiliano), la cui line-up è rimasta invariata rispetto all’ultimo disco, si attesta sui buoni livelli degli ultimi lavori, l’iniziale
Given Up For Lost non lascia dubbi in merito: si tratta della classica opener schiacciasassi, che concede pochissimi attimi di respiro, le ritmiche power incalzanti la fanno da padrone, puntellate costantemente dai riffs del chitarrista
Filip Kolus. Si arriva poi alla prima cover di
Flag Of Hope, ovvero
Stand Away, ripescata dal mio disco preferito degli Angra (che furono), lo stupendo Angels Cry (1993). L’interpretazione del vocalist
Jota Fortinho è impeccabile ed è un vero e proprio tributo al connazionale André Matos scomparso ormai quasi 2 anni or sono ma, per favore, evitiamo scomodi paragoni, limitiamoci solamente ad apprezzare questa reinterpretazione del brano che, per quanto fatta bene, rimane pur sempre una cover.
La traccia più interessante di questo EP è indubbiamente la strumentale
Voyage To The Distant Shores (dove spicca il "nostro" Francesco Romeggini alla seconda chitarra, nelle vesti di special guest), che in effetti è un vero e proprio viaggio sonoro tra lidi power ed altri più progressive, in cui non mancano certi neoclassicismi malmsteeniani o certe ambientazioni che ricordano il miglior Satriani (Surfing With The Alien, The Extremist), grazie ai virtuosismi di
Filip Kolus, una traccia nel complesso veramente riuscita e che senza dubbio innalza il livello qualitativo di questo lavoro. La title-track è invece il classico brano melodic-power, con quel pizzico di epicità evidente soprattutto nel refrain che, per quanto ruffiano, si rivela funzionale alla causa, ma la sua vera forza sta nella quantità di special guests che fanno la loro comparsa in questo brano, soprattutto come vocalist, tra questi, il precedente cantante dei
Signum Regis Marian “Mayo” Petranin ed il “sempreverde” Goran Edman. Il sipario di questo lavoro cala poi con la seconda cover, una discreta rivisitazione dell’
Ave Maria di J.S. Bach.
L’unica nota dolente di questa godibilissima release è la durata: solamente 22 minuti, per 5 tracce, di cui praticamente 2 cover pertanto, a conti fatti, solamente tre pezzi sono inediti, quindi verrebbe da chiedersi se era proprio necessario pubblicare un EP adesso o se magari, era meglio inserire questi brani in un prossimo futuro album e personalmente avrei preferito la seconda opzione, ma chi sono io per assumermi la responsabilità di tali scelte strategiche di marketing?
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