Nuovo album per la
Band of Spice, che in pratica è il proseguimento della "Spice and the RJ band" (e di The Mushroom River Band..) mantenendo nel tempo il proprio fondamentale comune denominatore: la presenza del mastermind
Christian "Spice" Sjöstrand. Un progetto nato al principio del nuovo millennio, quando il cantante (e chitarrista) ha lasciato i monumentali Spiritual Beggars (dopo "Ad Astra", 2000). L'iperattivo
Spice è anche impegnato in due formazioni orientate verso il thrash metal: i Kayser, dove milita insieme all'inseparabile drummer
Bob Ruben, ed i My Regime, nei quali oltre a Bob troviamo anche il bassista
Alexander Sekulovski, cioè il trio attuale della
Band of Spice.
Quindi radici musicali che incorporano sia l'hard rock seventies che l'heavy ottantiano, cosa che si nota pienamente nel presente "
By the corner of tomorrow".
Anche il metallaro più sprovveduto può riconoscere nel riffone in-your-face dell'iniziale "
The fading spot" echi delle cose di R.J. Dio o di Ozzy Osbourne, quel metallo puro e semplice che accende l'adrenalina e ci fa scapocciare per bene. La voce di
Christian viaggia su toni alti ma non striduli, c'è sempre una venatura irsuta e minacciosa nel suo modo di cantare, le ritmiche sono precise e squadrate, l'assolo pungente arriva dopo un break melodico e riflessivo, non manca un feeling catchy accattivante, insomma roba da manuale dell'hard'n'heavy. Si può cogliere un retrogusto derivativo? Certamente, ma il pezzo funziona comunque alla grande.
Lo stesso vale per la seguente "
Call out your name", ancora più Osbourn-iana (a me ha ricordato l'epoca di "Bark at the moon") ma sviluppata con buona attitudine per i cambi di ritmo ed atmosfera (nella parte centrale compare l'ombra degli Spiritual Beggars).
Spice appare sempre più convincente anche come axeman ed i suoi due compari funzionano come un motore ritmico oliato alla perfezione.
Un episodio come "
The sharp edge" sintetizza l'essenza dello stile degli svedesi: un organico e bilanciato mix tra l'impeto del pure-metal e l'intrigante mood dell'hard 70 più ruvido. Potenza, urgenza ed un retrogusto fumoso ed acre come polvere da sparo. Lo stesso si può dire per "
Cold flames", che si attesta nella medesima direzione ma con attitudine maggiormente cadenzata ed orecchiabile. Canzoni non stupefacenti, ma molto dirette e ben congegnate. Altro nome accostabile per similitudine di sound quello dei Grand Magus, non a caso fondati da un altro grande ex-Spiritual Beggars: il vocalist Janne "JB" Christoffersson.
Non mancano in scaletta, com'è consuetudine per questa band, un paio di ballate semi-acustiche dall'atmosfera tesa e malinconica (la title-track e "
Rewind the wind"), nelle quali si può notare l'influenza di Zakk Wylde e dei suoi Black Label Society. Con la differenza che
Spice elabora le componenti dark-bluesy con tonalità meno aspre rispetto a quelle del barbuto yankee.
Un disco che conferma la validità tematica e l'attitudine della
Band of Spice, nel suo porsi esattamente al centro dell'area hard'n'heavy. Buoni muscoli, qualche pennellata di melodia, tanta grinta ed esperienza, discreta varietà di soluzioni, songwriting concreto e ben saldo nel sentiero tracciato in precedenza.
Non è ancora stato scritto nessun commento per quest'album! Vuoi essere il primo?