Leigh Oates fa scrivere di essersi divertito molto a progettare la musica e a suonare tutti gli strumenti per RBW part 1,2.
Si sente!
L'ugola inglese, capace di spaziare in svariate band, calibra le linee vocali e i suoi strappi in modo professionale e cangiante.
Ci si sentono piccole inflessioni alla
Maynard di inizio carriera, passando per mini auree ala
Pendragon e puntuali - minuscole melodie dei
Symphony X o degli
Ocean Machine di
Devin T.
Il nostro canta Rock come se fossimo nei settanta. Che si puó leggere: puó derivare al metal con poco. Al prog, scegliendoselo. Al power thrash di fine ottanta, digerendo
Megadeth ed
Anthrax. Sa di novanta, quando ci vede palme nei ritornelli e pioggia col sole: Prong e finti bassifondi del grunge.
Dal punto di vista canoro, in effetti, il lavoro é ineccepibile. Le atmosfore californiane, di Seattle, degli inglesi suddetti e, a tratti, anche dei Bokor ci restituiscono - in un unicum -
le nostre inclinazioni migliori.
Da seguire a menadito.
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