Con ancora nelle orecchie le delizie soniche di “
One” (uscito originariamente nel 2017 e oggi ristampato dalla
Frontiers Music), affronto “
Two” con enorme curiosità e fin dal primo contatto mi accorgo di quanto siano cresciuti in questi quattro anni i
Save The World, confermando il loro ruolo di fulgida realtà della scena melodica americana, ultimamente non sempre all’altezza della sua fama e dell’agguerritissima concorrenza nordeuropea.
La misura di una formazione dotata di notevole carisma e talento, nel nuovo albo si espande ben oltre i confini dell’importante “promessa” e raggiunge la statura del vero “campione” del settore, capace di offrire un prodotto altamente competitivo, in linea con i dettami “classici” dell’
AOR e dell’
hard di classe, ma anche intriso di quel
quid creativo che senza rivoluzioni è in grado di proiettarsi verso soluzioni espressive “inattese”, sfruttando ad arte le variegate prerogative del
prog-rock.
Ne scaturiscono cinquantacinque minuti di palpitante luce sonora, splendidamente pilotata da
Dan Tracey e
Robert Wright, musicisti e compositori di grande cultura e sensibilità, attenti più all’efficacia della prestazione che non alla sua pirotecnia.
Nessuno dei brani inclusi presta il fianco a critiche invalidanti e il gusto con cui vengono assemblate influenze, sentimenti e tensione appare davvero pregevole, a partire da una “
Camera obscura” che farà fremere di piacere
cardio-uditivo gli estimatori di
Billy Sherwood,
Guy Allison e
Bruce Gowdy, con cui i nostri condividono l’iridescente visione nella gestione delle sette note.
“
Bones” aggiunge al brillante contesto dell’
opener un
refrain di grande impatto e se “
Miss Muse” non provoca qualche vivace scossa emotiva ai
fans dei Bad English credo che costoro farebbero bene a preoccuparsi delle loro attuali condizioni psico-fisiche.
“
Defenders of the faith” pulsa e vibra alla maniera dei migliori Unruly Child, “
Daphne blue” coinvolge e illanguidisce con la sua “essenzialità” elettroacustica, mentre “
When Amanda hits the stage” celebra i Boston nel titolo e certe cose dei Talisman nei contenuti e “
Man on an island” finisce per rievocare pienamente la “storia” del
rock n’ roll yankee, con quella
verve positiva che gli stessi Boston, i Night Ranger e i REO Speedwagon hanno divulgato sul globo terracqueo.
La
ballatona “
Longer” sconta forse appena un pizzico di manierismo, immediatamente cancellato dalla spensieratezza di “
Denslow park”, perfetta per la colonna sonora di una pellicola “adolescenziale” anni ottanta, e da “
Automaton”, che frulla Styx, Def Leppard e Bad English in un corroborante
cocktail di considerevole suggestione emotiva.
Il dubbio che con “
Illuminati” i
Save The World avessero perso il filo del discorso è balenato nella mia mente, ma dopo l’
intro e qualche ascolto il pezzo prende quota attraverso una linea armonica sussultante tra Winger, Warp Drive e Ten (sarà anche per il titolo …), lasciando poi all’esuberanza Damn Yankees-
esca di “
Who's that girl” il compito di porre il sigillo finale a un disco che piace dall’inizio alla fine.
La musica non salverà il mondo, eppure aiuta di certo a “sopportare” un po’ meglio le tante difficoltà del vivere quotidiano … se anche voi la pensate così, affidatevi con fiducia a “
Two” e ne sarete sicuramente ripagati.