Ben otto anni ci sono voluti ai
The Prowlers per dare alla luce il successore di "
Point of No Return", uscito ormai nel lontano 2013 per l'americana Perris Records.
Si tratta anche un po' di un ritorno a casa, dopo molte peregrinazioni in giro per il mondo per quanto riguarda le labels (Pure Steel, Locomotive e Northwind), dato che i nostri sono tornati in Italia, accasandosi con la capitolina
Elevate Records per questo nuovo e quinto album "
Closing Circle" che, fin dall'eloquente titolo, vuole chiudere questo cerchio quasi trentennale di carriera.
Ne è passata di acqua sotto i ponti da quegli inizi come tribute band degli
Iron Maiden e mi piace anche constatare i grandi miglioramenti e l'indubbia maturità acquisita nel corso del tempo da parte della band che gira intorno al nucleo originario costituito da
Claudio Cappabianca, Massimiliano De Stefano e Fabio Minchillo, da sempre anima dei The Prowlers ed oggi affiancati da
Massimo Canfora, unica chitarra ed in realtà ormai da 10 anni con la band, più il noto
Enrico Sandri "appena" entrato in formazione.
Ne consegue un lavoro piuttosto eclettico e personale, che alterna momenti più "dirty" e rockeggianti ad altri più raffinati ed assemblati con gusto, con l'uso sempre sapiente delle tastiere di De Stefano ed un Fabio Minchillo quando più maggiormente "
dickinsoniano" (d'altronde radici profonde non gelano mai) quando più personale, financo con intermezzi più progressivi come la bella "
Walter White" con un incipit alla "Moonchild", le aggressive "
Liar" e l'opener "
Rush Hour", decisamente adatte ad ambientazioni live e con qualche deriva settantiana grazie all'uso dell'Hammond, anche se è nei mid-tempos a nostro avviso che i The Prowlers qui riescono ad esprimere meglio il loro potenziale, come nell'ammaliante "
Absolution", contraddistinta peraltro da linee vocali indovinate e mai banali, cosa che peraltro è una costante dell'intero "Closing Circle", e sul finale con la onirica "
Where is Love" e la conclusiva cover del celeberrimo hit anni '80 "
Take on Me" degli
A-Ha.
Un bel lavoro, fresco, graffiante, energico e dritto al punto, senza troppe sovrastrutture ma dotato sempre di gusto e belle melodie; senza dubbio uno degli apici compositivi della band romana.
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