Ammettiamo pure che qualcuno non abbia mai ascoltato o addirittura nemmeno sentito nominare gli
Angel. Ipotesi alquanto bizzarra ovviamente, ma dato il livello di ignoranza dilagante, non mi stupirei più di nulla.
Ipotizziamo anche il caso di vecchi fans del gruppo che, dopo tanti anni, non si aspettano la luna, ma un dignitoso lavoro di vecchie glorie che cercano un improbabile come-back sull’onda del revivalismo sfrenato di questi ultimi tempi. Da qualunque parti lo si guardi, o lo si ascolti, “
Risen” è un disco poco meno che clamoroso.
E non vale il discorso della serie “
a 70 anni è un miracolo che se ne escano con canzoni del genere” perché, se si trattasse di una band di trentenni scalpitanti, probabilmente si griderebbe al capolavoro assoluto.
Frank DiMino e
Punky Meadows fanno quasi un secolo e mezzo in due ma non hanno perso un grammo della loro verve “rock and rolling” in bianco-seta vestita, al di là del fatto non certo trascurabile che
Gregg Giuffria non può più essere della partita.
Al suo posto troviamo
Charlie Calv, stregone delle tastiere con un curriculum vitae negli
Shotgun Symphony, gruppo che aveva già fatto la felicità di tanti AOR-sters e melodic rock fans nella prima metà degli anni 90.
A parte gli immarcescibili vocalist e chitarrista, il “resto della banda” è nuovo di zecca, ma il concept che sta dietro al banner Angel non risente affatto degli avvicendamenti (
Danny Farrow alla seconda sei corde,
Steve Ojane al basso,
Bill Orrico alla batteria), anche perché i pezzi sono firmati praticamente in toto dalla coppia DiMino/Meadows.
Hard rock regale, faraonico, ma contemporaneamente sempre capace di incanalare melodie fresche, vitali, oserei dire “adolescenziali” a patto di non soffermarsi sulla carta d’identità dei protagonisti. “Risen” è tutto questo, e quando parlo della spontaneità armonica di canzoni come “
Under The Gun”, “
Shot Of Your Love” o “
We Were The Wild”, mi riferisco all’agile svicolarsi da qualsiasi formula preconfezionata a cui sembrano puntare la stragrande maggioranza dei prodotti odierni.
"Risen" è un'opera lunga, ne fanno parte 17 tracce che, ad esclusione dell'intro "
Angel Theme" (courtesy of Mister Gregg Giuffria) e del fedele aggiornamento della leggendaria "
Tower", coprono in gran parte ogni sfaccettatura della breve ma gloriosa carriera del gruppo, dall'esordio omonimo allo spettacolare "
Sinful". A proposito di quest'ultimo LP, non mi nascondo nel sostenere che, almeno in una personale ed ideale graduatoria, trattasi del tipico album da isola deserta: dieci songs perfette che non mi stancherei mai di ascoltare, e che suscitano lo stesso irrefrenabile entusiasmo ad ogni passaggio. E’ un piacere, in tal proposito, imbattersi ancora nel famoso “battito di mani” da teenager di cinque decadi fa (ricordate “
L.A. Lady”?), ad accompagnare il volo pindarico del ritornello di “
Desire”, perché sembra proprio di tornare con piedi, cuore ed anima a quei tempi irripetibili.
La sostanza epica viene racchiusa nella lunga “
1975”, autocelebrativa nei contenuti lirici che raccontano l’attimo fuggente dell’epoca indicata dal titolo, “Angel”-ica nelle parti vocali di un Frank DiMino dall’ugola incredibilmente intatta, tra un “
take me back in time” ed un “
the spirit’s still alive” che provocano brividi di goduria, mista a struggente nostalgia. Charlie Calv non ha lo stesso estro creativo di Giuffria, eppure il tappeto di synth preparato per questo brano, volto ad accompagnarci in un simile e straordinario viaggio a ritroso, non fa una grinza.
Dal punto di vista temporale “Risen”, datato 2019, non sarebbe esattamente un esemplare da esporre come “trofeo” su “
DEJA-VU”; lo è invece la musica in esso contenuta.
Il voto s’intende ovviamente riferito alla discografia “omnia” degli Angel: se invece il paragone fosse legato alla stretta contemporaneità, saremmo posizionati sul massimo cum laude, accompagnato da una vigorosa stretta di mani accademica.