Sulla scia di molte altre band che sono state in grado di riportare alto lo stemma dell’heavy metal classico, con venature Epic, arrivano al debutto anche i
Reinforcer, quintetto tedesco che tira fuori un album assolutamente non male, soprattutto per essere alle prime armi.
Già autori di un EP uscito nel 2018,
“The Wanderer” dove però le idee erano appena abbozzate e prive della cosiddetta scintilla, la band ha fatto passare tre anni prima di ritornare sul mercato con
“Prince Of The Tribes”, e sicuramente il tempo passato è riuscito non solo a far maturare la band dal punto di vista musicale, ma di fargli capire con lucidità la proposta musicale sulla quale virare. I
Reinforcer, infatti, seppur non in maniera originalissima, si collocano in quel filone Heavy/Epic dove altre band prima di loro hanno lasciato il loro segno come Visigoth, Eteranl Champion, e in parte anche agli Atlantean Kodex.
Puro testosterone ed adrenalina in
“Prince Of The Tribes”, a partire dalla bellissima doppietta iniziale formata dalla Titletrack e da
“Allegiance And Steel”, due pezzi dove traspare subito la vena battagliera della band, senza però mettere da parte la melodia e ritornelli, e dove se non avete una spada da sguainare al cielo…beh rimediatela. Non mancano leggere influenze anche da parte dei Running Wild, in particolare su
“Black Sails” che si presenta come un ottimo pezzo senza però citare troppo la band di pirati tedeschi, e penso che sappiamo benissimo quanti gruppi si siano ispirati a quest’ultimi risultando un mero copia e incolla. Con un riff dove sarà impossibile non farsi coinvolgere, si presenta
“Thou Shall Burn”, e ancor meglio è
“Shieldmaiden” dove le chitarre di
Tobias Schwarzer e
Niclas Stappert riescono a creare delle ottime atmosfere che, se ascoltate ad occhi chiusi, sembrano portare direttamente sul campo da battaglia. Mi sento di muovere una critica solo a
“Hand On Heart”, dove il ritornello un po’ “feliciotto” non sembra adattarsi troppo al sound della band, ma sono comunque piccolezze. Chiude
“Z32”, un mid tempo semi acustico dove la bella voce di
Logan Lexi riesce ad emergere in tutte le sue diverse sfaccettature.
Alla fine dell’ascolto ci si potrebbe chiedere
“sì, ma l’originalità? La voglia di sperimentare, dov’è?” Ma sapete cosa vi dico? Chi se ne frega della voglia di sperimentare, quando i dischi sono così belli e coinvolgenti, una delle cose che ritengo più inutili sia andare a cercare il pelo nell’uovo, e rimuginarci sopra per giorni senza capire una semplice cosa, ovvero che la passione viene prima di tutto. E in “
Prince Of The Tribes” fidatevi, ne troverete a palate.
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