Mentre attendo con ansia l’uscita di "
Of poetry and silent mastery" dei Platens (le anticipazioni sono davvero intriganti … meno male che il 23 luglio è vicino …), è un’altra delle proposte del
Burning Minds Music Group, stavolta nella sua sezione
Logic Il Logic Records, ad attirare prepotentemente la mia attenzione.
Si chiamano
Wine Guardian, nascono nel 2008 ed hanno all’attivo un
Ep ("
Fool's paradise" del 2014) e un
full-length ("
Onirica”, del 2017) che hanno consentito loro di essere menzionati come una delle
prog band italiane più interessanti della scena contemporanea (nel libro "
Metal Progressive Italiano" di
Massimo Salari, che cura anche le
liner notes di questo secondo
album).
Una segnalazione che a questo punto mi sento di avvalorare con convinzione, dal momento che “
Timescape” è una cascata luminescente di suggestioni emotive, in cui è “equilibrio” a rappresentare la parola d’ordine dell’intera situazione.
Intendiamoci, nel disco troverete un bel po’ di quegli elementi che entusiasmano i sostenitori del genere (stacchi, dissonanze, aperture oniriche, virtuosismi, …), ma il tutto è coordinato in maniera davvero pregevole, evitando, come
ahimè spesso accade, di sovraccaricare oltremodo la fruizione dell’opera, riuscendo nell’impresa di non apparire l’ennesima ostentazione di tecnica fine a se stessa o di forzata creatività.
Il resto lo fa la notevole cultura di
Lorenzo Parigi,
Stefano Capitani e
Davide Sgarbi, musicisti di certo ammiratori dei maestri Rush (la loro primaria fonte artistica, credo …), Genesis, Yes, Porcupine Tree e Anathema e tuttavia capaci di non “far pesare” il fardello dei numi tutelari sulla loro proposta artistica.
Ottimi arrangiamenti e un’eccellente resa sonora (registrazione, mixaggio e masterizzazione sono appannaggio di
Andrea Seveso, nei noti
Ivorytears Music Works Studio di Somma Lombardo), completano cinquantasei minuti di musica raffinata, cangiante e matura, inaugurati dalle pulsazioni inquiete di “
Chemical indulgence” (in cui fa capolino pure un cantato vagamente
growl-oso) e seguiti da “
Little boy”, un singolo davvero magnetico nei suoi fascinosi cambi d’umore.
L’andamento allo stesso tempo “concentrico”, sognante e nervoso rende “
Magus” uno strumentale di prim’ordine e un’analoga classificazione di merito se la guadagna “
Digital dharma” il cui il clima intriso di travagliati chiaroscuri consente di porre l’accento sulle capacità interpretative di
Parigi e sul vibrante lavoro di raccordo di
Capitani.
L’energia propulsiva che alimenta lo strisciante crescendo emozionale di “
The luminous whale” scorre libera nei gangli sensoriali dell’ascoltatore, e lo prepara adeguatamente a “
The astounding journey”, un “viaggio”, in effetti, piuttosto “stupefacente” (magari appena un pizzico diluito …) nel mondo di lucida inquietudine dei nostri, dove compattezza, fantasia e forza evocativa sono tali da soddisfare anche i palati più esigenti.
“
1935”, un ponte sonico adagiato fra Yes, Rush e Led Zeppelin, conclude il coinvolgente percorso sonoro di “
Timescape”, la cui esplorazione mi ha lasciato un’importante sensazione di appagamento così come la netta impressione che per i
Wine Guardian questo non sia il traguardo finale di un’interessantissima parabola espressiva.