Fernanda Lira e
Luana Dametto, rispettivamente basso/voce e batteria della penultima incarnazione delle brasiliane
Nervosa, hanno deciso di andarsene dalla band con cui si sono fatte le ossa e di fondare le
Crypta per suonare death metal.
Le
Crypta sono state fondate con la stessa filosofia delle nervosa: “
SOLO DONNE”, e per questo le chitarriste coinvolte sono la Youtuber
Sonia Anubis (o se preferite la chitarrista degli ottimi Cobra Spell ed ex-Burning Witches) e la sconosciuta
Tainà Bergamaschi.
Riassunto del disco: tantissimo fumo e pochissimo arrosto.
Chiaramente non posso cavarmela così.
All’annuncio di questa band ero sinceramente curioso ed interessato: un’estetica grammaticalmente perfetta, un logo stupendo e miss Anubis che si confrontava con un progetto Death Metal professionale. Un piatto più che ghiotto, in teoria.
Però in pratica questo è tutt’altro che un disco meraviglioso.
Non è nemmeno un disco orrido intendiamoci, è solo musicalmente molto piatto e sterile. Echoes of the Soul ha un ottimo suono e una produzione perfetta per il death metal, ma le canzoni sono proprio piene di vuoto. Ma andiamo con ordine.
La intro, ‘
Awakening’, è l’esempio perfetto di inutilità cosmica.
Quasi tutte le canzoni in realtà seguono un pattern ben preciso: strofe piatte e noiose, ritornelli (quando ci sono) dimenticabilissimi ma con ottimi assoli, veramente stupendi. Sia Sonia che Tainà sono veramente delle ottime chitarriste soliste, con fantasia e tecnica da vedere. Ma non basta. Non può bastare per sollevare un album da ‘mediocre’ a ‘ottimo’.
Fernanda Lira, nonostante cerchi di rendere i brani meno piatti alternando growl e scream, canta in maniera veramente anonima e banale. Sembra quasi di sentire
Diva Satanica, la cantante altrettanto anonima e piatta che ha preso il suo posto nelle Nervosa.
Che non passi in nessuna maniera per sessista: le donne che cantano death metal, adottano tutte gli stessi espedienti per far fronte al fatto che il growl non è uno stile vocale adatto a loro. Espedienti che sono simpatici e interessanti la prima volta che vengono ascoltati, alla trentesima non si sopportano più, soprattutto se sono ormai lo standard.
La conclusiva ‘
From the Ashes’ non è una canzone, è la colonna sonora per un videoclip. Sembra quasi che la canzone sia venuta dopo il concepimento del video, su cui Napalm ha investito migliaia e migliaia di euro.
In conclusione, questo disco secondo me è una grossa occasione sprecata. Un’occasione in cui Napalm si poteva elevare a etichetta potatrice di death metal di qualità. Un’occasione in cui gli assoli di Sonia Anubis potevano davvero essere valorizzati. Questo disco lascia, in chi lo ascolta con orecchio critico, un senso di incompiuto e di vuoto. Delusione pura.
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