Ogni volta che ascolto un nuovo album di
Thy Catafalque provo rabbia.
Rabbia per chi si perde dietro ai "grandi" nomi che, nella maggior parte dei casi, non hanno più niente da dire.
Rabbia per tutti quelli che non credono alla musica come forma d'arte.
Rabbia, soprattutto, per un artista che da oltre vent'anni rilascia solo ed esclusivamente capolavori ma che resta confinato in un ambito ristretto e poco conosciuto quando, invece, meriterebbe un successo planetario.
Sono un sognatore, me ne rendo conto.
O forse uno stolto.
Ma, in verità, non me ne importa nemmeno un po'.
"Vadak", con tutta la magia che contiene e che veicola attraverso brani strepitosi, mi ripaga e mi emoziona come poche cose sono, ancora, in grado di fare, sia nella musica, sia nella vita in generale.
Tamás Kátai, come di consueto, supera ogni confine e travalica ogni genere ed ogni limitazione di genere.
La sua musica è pura espressione del suo animo, e del suo immenso talento, e non può essere incanalata in nessun solco predefinito ne essere catalogata in qualche modo specifico.
La cosa più sorprendente è che in quest'album tutto sembra naturale e semplice: parliamo di metal estremo d'avanguardia, ma mai, nemmeno per un secondo, avvertiamo snobismo, puzza sotto il naso, intellettualismo da due soldi, occhialini o barbette da hipster del cazzo.
Qui ogni elemento è perfetto e perfettamente coagulato con tutti gli altri in una miscela unica, immediatamente riconoscibile, scevra da ogni banalità e ricchissima di dettagli ed esperienze anche distantissime tra di loro.
Thy Catafalque mette in musica tutto lo spettro dell'animo umano e sfrutta ogni ingrediente necessario a dipingere la sua magica tela: durissime inflessioni death / black, trame dallo squisito sapore folk, elettronica sognante e dal piglio spaziale, inflessioni che ondeggiano dal pop di classe al jazz meno cervellotico e, sopra ogni cosa, una incredibile alternanza di melodie straordinarie per qualità, imprevedibilità, e pura genialità che danno a
"Vadak" una atmosfera intricata ma immediatamente fruibile, fumosa, urbana, selvaggia, distruttiva e "magiara" che riveste il tessuto sonoro in ogni suo più intimo anfratto e per tutta la, lunga, durata di quello che è, e non poteva non esserlo, un
capolavoro di musica moderna e senza freni inibitori.
Inequivocabilmente tra i dischi più belli del 2021 e degli ultimi dieci anni almeno (come i suoi predecessori del resto).