Ero solito aspettarmi da uno come
Axel Rudi Pell un album ogni due anni, o perlomeno questa era la tradizione che il chitarrista tedesco ha intrapreso da più di venti anni a questa parte, con la release di
“Oceans” nel 1998. Questo mantra era stato però “interrotto” nel 2007 con la raccolta
“Diamonds Unlocked”, dove
Axel assieme al fido compare
Johnny Gioeli rivisitava nel suo stile vari pezzi hard rock/blues. Una bella sorpresa sicuramente, che fece trasparire tutta la passione del chitarrista biondo per quelle sonorità che erano, e sono ancora tutto presenti nei suoi dischi presenti e passati.
Questo suo seguito,
“Diamonds Unlocked II” appunto, rappresenta per il sottoscritto un’occasione per sentire finalmente qualcosa di diverso da
Axel, che reputo si sia troppo, troppo standardizzato sullo stesso stile ormai da anni, molto più di altre band come U.D.O. o Tankard, per dirne alcune. Questa nuova raccolta presenta inoltre, a differenza della precedente, pezzi di band più ricercate per dirla così, dove nella prima edizione invece erano presenti nomi più altisonanti come KISS, Riot, U2, The Who, e Phil Collins.
Certo, credo che tutti conosciamo
“There’s Only One Way To Rock” di Sammy Hagar, che qui viene riproposta in una versione più energica e diretta, con un
Gioeli sugli scudi, mentre con
“Rock N’ Roll Queen" (The Subways),
Axel mette in mostra tutto il suo talento che sembrava essere messo con il pilota automatico nelle ultime prove in studio. A discapito di una produzione forse un po’ troppo rozza e zanzarosa, che vorrebbe suonare retrò, ma risulta alla lunga abbastanza fastidiosa. Questo però non intacca la bellezza assoluta di
“Room With A View” (Tony Carey), o l’energia che sprizza da ogni poro da
“Paint It Black” (non devo dirvi di chi è, vero?), dove Ferdy Doernberg, tastierista della band, mostra tutto il suo talento nella parte centrale del pezzo. Con la cover di
“Eagle” degli Abba,
Axel sembra adagiarsi molto bene su territori che sembrano metterlo pienamente a suo agio, e con
“Lady Of The Lake” dei Rainbow,
Johnny Gioeli riesce a difendersi molto bene su parti dove un mito eterno come Ronnie James Dio brillava.
Sarebbe da chiedere al buon
Axel di fare più spesso operazioni del genere, e concentrarsi meno sui dischi inediti, magari con più tempo da far scorrere fra l’uno e l’altro. Questo perché sembra che, quando chiamato o ispirato a pagare tributo alle sue radici musicali,
Axel Rudi Pell sembra ritrovarsi come ringiovanito di vent’anni. Una produzione magari più pulita avrebbe giovato al risultato complessivo, ma ritengo che non vi sia niente di cui lamentarsi, stavolta si è fatto centro.
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